Landini: “Non siamo un ostacolo il governo ci ascolti o mobiliteremo il Paese”
Ma continuano a esserci troppi morti sul lavoro, oggi (ieri, ndr) altri due…
«Non
è accettabile. A maggior ragione che ora ci sono meno ore di lavoro e
più lavoro a distanza, eppure si continua a morire come avveniva 20 o 30
anni fa».
Da che dipende? Si spende meno per la sicurezza?
«Penso
sia un problema anche culturale, bisogna ristabilire la centralità
della sicurezza. Il tema fondamentale è la prevenzione, con una
formazione per i lavoratori e per gli imprenditori. Poi servono nuove
assunzioni all’Ispettorato del lavoro: su 4 milioni di imprese ne
vengono controllate 15-20mila all’anno. Poi, come ti ritiro la patente
se non rispetti le regole e fai cose che non vanno, stessa cosa va fatta
con gli appalti».
Il
governatore di Bankitalia Visco ha elogiato i governi che hanno
sostenuto imprese, lavoratori e famiglie, ma ha spiegato che non si può
continuare con un’economia assistita. Condivide?
«Nessuno
pensa di restare a regime con un’economia assistita, ma non possiamo
tornare semplicemente a come stavamo prima della pandemia. Bisogna usare
i quasi 300 miliardi che arriveranno per produrre cambiamenti, fare le
riforme, ma anche scelte di politica industriale. Visco si è posto il
problema del ruolo dello Stato: io penso che in questa fase il mercato
da solo non sia in grado di affrontare i problemi e creare lavoro».
Da
Confindustria motivano la necessità di sbloccare i licenziamenti con il
fatto che molte aziende non sono più in grado di stare sul mercato e
possono liberare figure qualificate per altre imprese. Far licenziare
per far assumere: segue il ragionamento?
«Io
dico che lo sblocco dei licenziamenti deve essere parte di un processo
complessivo: va anche bene l’idea di riconvertire i lavoratori, ma non
bisogna lasciare sole le persone. Se, in un momento come quello che
stiamo vivendo, si mandano via i lavoratori dalla sera alla mattina, c’è
il rischio di generare rabbia sociale. Prima discutiamo bene le scelte,
diamoci gli strumenti per affrontare la situazione, definiamo percorsi
di politiche attive: con quali forme assumiamo questi lavoratori? ».
Ha
visto che, paradossalmente, Salvini si è detto disponibile a
considerare la vostra richiesta di prolungare il blocco dei
licenziamenti? La Lega più vicina del Pd: la mette in imbarazzo?
«Non
mi imbarazza niente. Noi abbiamo chiesto al governo di riaprire il
confronto e abbiamo chiesto incontri a tutte le forze politiche, visto
che il Parlamento deve discutere il provvedimento. Con il Pd abbiamo già
fissato un incontro per affrontare la questione. Non faccio distinzioni
e non metto bandierine, ognuno deve dire cosa vuole fare. Noi diciamo:
allunghiamo il blocco dei licenziamenti e avviamo la riforma degli
ammortizzatori sociali».
Il compromesso trovato nella maggioranza di governo sembra ormai definito: se il confronto non si riapre?
«Non
escludiamo nulla, faremo assemblee con i lavoratori, coinvolgeremo
tutti. Di certo, non è un problema economico, visto che le risorse per
la cassa integrazione Covid sono state usate solo per il 50%. Se aprono
come hanno fatto sul tema degli appalti bene, altrimenti valuteremo le
iniziative più opportune».
Sugli appalti la mediazione raggiunta vi soddisfa?
È
un compromesso virtuoso. Non si ragiona solo di percentuale, ma anche
di qualità del lavoro delle imprese, di fatto si dice che non puoi mai
subappaltare più del 50% e che il subappaltatore deve garantire ai
lavoratori gli stessi diritti, le stesse condizioni economiche e di
sicurezza dell’azienda appaltante. Poi è fondamentale ridurre le
stazioni appaltanti – da noi sono 39 mila, in Germania 3 mila – e
assumere tecnici, ingegneri, geometri: più della metà del tempo di
realizzazione delle opere è legato al processo autorizzativo, è lì che
bisogna accelerare».
A
proposito di progetti, parliamo della formula di governance del Piano di
ripresa e resilienza: il coinvolgimento delle parti sociali vi
soddisfa? L’impressione è che Draghi consulti, ma non concerti…
«Non
ci soddisfa pienamente: va bene la cabina di regia alla presidenza del
Consiglio, elemento centrale che governa il piano, ma noi abbiamo
chiesto di coinvolgere le organizzazioni sindacali nel processo
decisionale e la possibilità di confronti permanenti con i singoli
ministeri, per entrare nel merito dei progetti. In generale, il punto è
che non possono convocarci perché facciamo casino, come sugli appalti,
ma deve diventare una regola per tutte le riforme: mi devi ascoltare
prima e tenere conto del mio pensiero. Non ci deve essere la
preoccupazione che se arriva sindacato poi non si risolvono problemi, si
può fare presto e bene anche con il nostro contributo. Il lavoro deve
tornare al centro, se questo non avviene si mobilita il Paese».
Cosa
pensa della proposta del segretario del Pd, Enrico Letta, sull’aumento
della tassa di successione per creare una dote per i giovani?
«Nulla
in contrario, ma credo si debba ragionare su una riforma complessiva
del fisco, all’interno della quale inserire anche il tema delle
successioni, visto che in Italia siamo di fronte a un livello tassazione
troppo basso, che non ha paragoni in Europa. Non possiamo affrontare un
tema singolo, condivido il pensiero di Draghi. Serve un intervento più
ampio ispirato al criterio della progressività, un patto di
cittadinanza: ai giovani bisogna offrire opportunità di lavoro stabile, è
questo che manca».
Meglio il governo di Giuseppe Conte o quello di Mario Draghi?
«Sono due situazioni molto diverse, intanto perché Conte ha fatto due governi: nel primo il confronto non esisteva, con il secondo invece abbiamo fatto cose importanti, dall’intervento sul cuneo fiscale al blocco dei licenziamenti. Il governo Draghi ha una storia e un’autorevolezza differenti, ma deve accettare di confrontarsi con noi sui contenuti».
LA STAMPA
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