Noi, figli dell’eguaglianza e del rispetto delle differenze
Vladimiro Zagrebelsky
È l’eguaglianza il terreno su cui diventano veri i diritti e le libertà che fanno grande la Costituzione della Repubblica. Ma l’eguaglianza, fondamento della Costituzione, è un progetto, un programma di azione e di sviluppo, non una realtà. E infatti, appena detto che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, la Costituzione si preoccupa di assegnare alla Repubblica in tutte le sue articolazioni il compito di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano di fatto le libertà e i diritti dei cittadini. E all’obbligo delle istituzioni pubbliche si aggiunge quello dei privati individui.
Questi vedono sì riconosciuti i diritti inviolabili, ma sono tenuti a adempiere ai doveri inderogabili di solidarietà. E anche la proprietà, il più classico dei diritti, nella Costituzione è riconosciuta e garantita per assicurarne la funzione sociale e renderla accessibile a tutti.
L’indicazione che se ne trae è che vanno rimosse le cause delle diseguaglianze, per evitare che le libertà e i diritti costituzionali siano il privilegio di chi è in grado di goderne, ma anche occasione di reali, concrete discriminazioni in danno dei tanti altri. La preoccupazione per l’effettività delle libertà e dei diritti fu largamente sentita nella Assemblea costituente. Solo i liberali di allora si mostrarono diffidenti, temendo un’opera di livellamento da parte dello Stato. Ma l’esperienza dei decenni che sono trascorsi dimostra che non c’era quel pericolo. Sono venuti meno molti vincoli e pesi posti dalle leggi e da soffocanti tradizioni. Le diversità sociali, culturali e di stili di vita sono emerse alla luce del sole, producendo una società molto più libera. Accanto alla rivendicazione di eguaglianza è cresciuta quella del rispetto delle differenze. Niente è più ineguale di una eguaglianza imposta dalla legge o dalle pretese della società, ignorando (forzando) le differenze che ciascun individuo o gruppo vuole coltivare. Gli esempi sono infiniti. È quotidiana l’esperienza che l’eguaglianza imposta può tradursi in insopportabile sopruso, ma anche che la convivenza tra il sacrosanto principio di eguaglianza e l’altrettanto importante valore del rispetto delle differenze non è sempre pacifica e priva di tensione. Lo vediamo nella vita di ogni giorno. Lo vediamo nei conflitti politici attorno alle leggi che riconoscono e disciplinano nuovi aspetti dei diritti e libertà. Ma le differenze economiche sono addirittura aumentate. Proprio quest’anno di pandemia ha rivelato l’approfondirsi delle diseguaglianze. Accanto ai tanti che hanno subìto durissime conseguenze sul piano del lavoro e dei redditi, altri ne sono rimasti indenni e un numero ridotto di persone si è addirittura ancor più arricchito, nel reddito e nel patrimonio. È questa una realtà indiscutibile, non solo in Italia. Ora che si progetta di spendere gli ingenti fondi che giungono dall’Unione Europea, quale società si pensa di promuovere?
Prioritario, seguendo la Costituzione, è il compito di rimuovere le cause delle diseguaglianze, creando un contesto che contrasti il senso di abbandono e la rassegnazione di larghe fasce sociali e ne stimoli invece la voglia e la possibilità di darsi da fare, progettare, realizzare, per sé stesse e per la società nel suo complesso. È necessario un forte sviluppo dei servizi sociali, per gli anziani come per i bambini, per portare realmente sicurezza e eguaglianza nelle famiglie e nella posizione delle donne. Senza servizi sociali efficienti e affidabili, egualmente diffusi dappertutto, non saranno gesti di bandiera e quote imposte a superare il problema che colpisce le donne.
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