Il mito all’asta: la parabola del Mulino Bianco

Lo spot era talmente efficace che divenne un ’topos’: c’era il padre, giornalista, che tornava in quella casa di campagna dopo una giornata in redazione; la madre, di una bellezza semplice, con un filo di perle al collo, un ragazzino e una bambina con facce da pubblicità e anche un nonno saggio e rassicurante. Microstorie di gattini adottati e piccoli drammi tutti risolti con le merendine, mentre la ruota di quel mulino, dipinto di bianco per rispettare il logo, girava tranquilla come la ruota del mondo.

Tutte le famiglie italiane aspirarono ad assomigliare a quella del Mulino Bianco, partì una caccia grossa al casolare in campagna, in Toscana o in Umbria, dove le colline somigliavano a quel set. E lì, nel ’non luogo’ creato dai tre geni di cui sopra, andò in scena un pellegrinaggio che fece epoca. Nei week end la strada tutta curve nella Val di Merse, in provincia di Siena, che collega Chiusdino alla Maremma, diventata un serpentone di auto. Centinaia di persone che si sobbarcavano chilometri per portare i bimbi a vedere il Mulino Bianco. Nessuno andava più a San Galgano o a vedere la Spada nella roccia, tutti si fermavano in località Molino delle Pile e si aspettavano che la Barilla aprisse uno spaccio delle merendine. Il Comune di Chiusdino dovette prevedere segnaletiche speciali, aggiustare le strade, in cambio la Barilla sponsorizzò la locale squadra di calcio in Seconda e Terza Categoria, la ’Cinghiala’.

Dopo qualche anno tutto finì: la Barilla cambiò spot, non volle mai comprare quel mulino nella Val di Merse, forse spaventata dal successo, forse perché non sapeva che farsene. I pellegrinaggi si interruppero, l’agriturismo funzionò per qualche tempo. Ma se oggi viene venduto all’asta giudiziaria, vuol dire che le cose non andarono troppo bene. E allora bisogna ricorrere a Don De Lillo, citato da David Foster Wallace che racconta la storia del “fienile più fotografato d’America”. Decine di persone che si danno il cambio su una collinetta per fotografare un fienile come tanti altri. E Don De Lillo-Foster Wallace che scrivono: “Non siamo qui per catturare un’immagine, siamo qui per mantenerne una. È un’accumulazione di energie senza nome, essere qui è una resa spirituale. Vediamo solo ciò che vedono gli altri. In un certo senso è un’esperienza religiosa, come ogni turismo”.

QN.NET

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