Al capezzale del parlamento
Montesquieu
Personalità di rilievo della Repubblica si danno il cambio al capezzale del Parlamento. Ex presidenti delle Camere, capi di partito, maestri del diritto pubblico. Significa che, per costoro, il Parlamento è malato. Emerge, per tentare una sintesi, la ricetta del monocameralismo, come cura a un fenomeno visibile a occhio nudo: la seconda Camera, che si tratti di decreti legge, o di leggi di bilancio, riceve il manufatto legislativo confezionato di tutto punto poche ore prima della scadenza giuridica. Rimedio empirico, all’apparenza inoppugnabile: si cura il sintomo, eliminando una Camera. Il rischio è che la cura somigli a quella praticata a un paziente sovrappeso al quale, per risolvere il problema, si decida di amputare un arto. Peserà meno, non dimagrirà. Con questa classe politica, una Camera in più non guasta: e per i tempi, ci sono altri mezzi. In realtà, può essere utile la figura dello storico costituzionale. La scelta dei costituenti per un sistema parlamentare, guidata per ovvie ragioni dalla necessità di contenere il potere del governo, fu corroborata, accentuata nella pratica dalla necessità di risarcire un terzo del Parlamento e degli elettori dall’assenza di alternanza al potere, imposta da drammatici equilibri internazionali. Da qui, quarant’anni di “governo parlamentare”, di “centralità del Parlamento”.
Va perdonata la sintesi estrema, eccessiva. D’un tratto, legata a eventi scollegati e potenti dell’ultimo decennio del secolo scorso (l’avvento plebiscitario del sistema maggioritario con i referendum e il terremoto nella geografia politica dovuto a Tangentopoli), ha inizio la stagione, opposta, della centralità dei governi, in una con il gelo sceso tra i partiti. Le opposizioni si abbarbicavano alla forza di resistenza, talora di ricatto, di un Parlamento in cui vigeva la regola dell’unanimità, necessaria fino ad allora; le maggioranze scatenavano la guerra della comunicazione, intorno un duopolio radiotelevisivo da smontare e rimontare. Mai il nostro sistema ha potuto contare su una relazione equilibrata tra governo e Camere, priva di gerarchie improprie. La malattia di oggi è in un ininterrotto corpo a corpo; nel contrasto tra una Costituzione scritta che brilla per la sua armonia formale, e una Costituzione materiale sempre più estranea alla nostra Carta costituzionale. O addirittura incostituzionale, almeno per quanto concerne la materia delle istituzioni.
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