Al capezzale del parlamento

Una sorta di meticciato costituzionale, quello di fronte al quale si trovano gli aspiranti demiurghi al capezzale del nostro sistema. Sembrano scartare, e il perché è un mistero, il rimedio che non richiede alcun ritocco, alcuna riforma della Costituzione: e pensano al monocameralismo, chissà perché alla sfiducia costruttiva. Rimedi in prospettiva probabilmente forse non inutili, di certo intempestivi. Il nodo dell’incongruenza tra principi costituzionali e pratiche in vigore è, essenzialmente, nel procedimento legislativo: trasferito con metodi, possiamo dirlo, fraudolenti da circa tre decenni, dalle Camere al governo. Nottetempo, si direbbe: con l’adozione di precedenti e prassi non evolutivi di norme, ma negativi delle stesse. La Costituzione, cui tutti si dicono fedeli, prevede all’articolo 72 un procedimento che ha per primattore il governo, ma che si dipana interamente in territorio parlamentare, tra commissioni in sede referente e assemblee. Nei fatti, decide il governo quanto debbano lavorare, o fingere di lavorare, su ogni progetto di legge gli organi di ogni singola Camera (o della prima Camera, quando vi siano scadenze temporali, da cui l’idea di amputare un ramo del Parlamento): a propria insindacabile discrezione, può comporre e inviare alle Camere un testo rispetto al quale cadono diritti collettivi e individuali che sono la base di un sistema parlamentare come il nostro. Diritti di esaminare, emendare, perfino di votare. Diritti sopprimendo i quali è improprio parlare di Parlamento. Soprattutto, cade la ripartizione dei testi in articoli: la base di una legislazione degna di questo nome. La base del dovere di ogni Parlamento di mettere i cittadini nella condizione di conoscere quelle leggi che sono tenuti, in ogni sistema democratico, a rispettare. Il guaio sono i maxiemendamenti, leggi della lunghezza di un romanzo, un pessimo romanzo. Un voto, per di più di fiducia al governo, una legge. Sia perdonata questa sintesi davvero indecente. Il problema è, senza uso di retorica, decisivo, dirimente, in una democrazia. Soprattutto in tempi nei quale quasi ogni giorno rischia di cadere una democrazia, quasi come le stelle il dieci agosto di ogni anno. La politica, i partiti, tutti assieme, hanno un solo dovere: rispettare la Costituzione vigente, o cambiarla nelle forme previste. La terza opzione, fingersene rispettosi e ignorarla sistematicamente, non è ammessa. Parlamentari, presidenti delle Camere, partiti, autorità di garanzia, nei modi consentiti, hanno qualche mezzo per tornare a una normalità costituzionale. Il tempo scade tra poco, quando un nuovo garante salirà al Quirinale con il compito di difendere questa Costituzione.

LA STAMPA

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