La global tax sfida di civiltà
È necessario un “adeguato coordinamento” tra l’entrata in vigore delle nuove norme internazionali in materia di tassazione e il ritiro di tali imposte e di altre misure analoghe su tutte le imprese. Il G7 riunisce le economie più forti dei Paesi democratici, e l’Ue vi partecipa a pieno titolo. È un gruppo culturalmente eterogeneo, ma – soprattutto nella congiuntura attuale – ha una visione comune su questioni cruciali. So che abbiamo ancora molto lavoro da fare per estendere il consenso raggiunto in sede di G7 al resto della comunità internazionale. So che alcuni Paesi, anche in Europa, diffidano di questi cambiamenti. Eppure, quello che l’anno scorso ci ha insegnato è che possiamo affrontare le straordinarie sfide del nostro tempo solo riunendoci e progettando soluzioni comuni. Del resto, molti altri Paesi del G20 beneficerebbero di una ripartizione più equa dei proventi delle tasse. Sono pertanto ottimista che questa posizione comune del G7 possa dare un forte impulso alla prossima fase di discussioni nell’ambito del più ampio quadro dell’Ocse/G20, che riunisce ben 139 Paesi.
Siamo determinati a ricostruire meglio le nostre economie, in Europa e nel mondo, e abbiamo la possibilità di fare altrettanto per la tassazione internazionale, ispirati dai principi di equità e sostenibilità. Un esito positivo di questo processo adeguerebbe la tassazione globale alla realtà del mondo contemporaneo. Segnerebbe la fine di una corsa al ribasso nella tassazione delle società: una corsa che molti Paesi stanno conducendo da troppo tempo, con pochissimi vincitori, ma diversi miliardi di perdenti. Un obiettivo storico, per il quale vale la pena lottare.
LA STAMPA
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