Greco, l’epidemiologo del Cts: “Prepariamoci ad altre pandemie con due dosi diverse più anticorpi”
Dopo
il fallimento del vaccino Curevac a Rna messaggero e la fuga da quelli a
vettore virale l’immunità di gregge a settembre è destinata a slittare
più avanti?
«Il generale
Figliuolo va fortissimo e sono in corso negoziati a livello europeo per
aumentare le forniture. Solo pochi giorni fa la Commissione Ue ha
ottenuto 200 milioni in più di dosi Pfizer. Per raggiungere l’immunità
di gregge bisognerà sicuramente vaccinare più dell’80% della
popolazione. Dobbiamo ridurre il prima possibile la circolazione del
virus, che appartiene alla famiglia di quelli a singola elica di Rna,
che mutano più facilmente. Quindi occorre vaccinare anche i più giovani
che sono i maggiori trasmettitori di contagio, perché più il virus si
riproduce più commette errori che generano varianti».
A proposito di varianti, non siamo ancora poco attrezzati per dare loro la caccia con il sequenziamento del virus?
«Siamo
ancora indietro come numero assoluto di sequenziamenti, che stanno però
aumentando di settimana in settimana. Abbiamo comunque fatto progressi
inimmaginabili un anno fa. Raggiungere i livelli britannici non si fa in
un giorno, servono attrezzature, personale e soprattutto tanta
formazione, perché non c’è niente di più facile che inquinare una
sequenza genetica molecolare. Si sarebbe potuto fare prima, ma lo stiamo
facendo».
Esistono le condizioni epidemiologiche per togliere almeno all’aperto le mascherine?
«Bisogna
farlo progressivamente e senza dare l’idea di un liberi tutti. Abbiamo
ancora mille casi e 50 morti al giorno, più le varianti in circolazione.
L’emergenza non è finita e durerà almeno fino a quest’inverno. I
francesi hanno deciso dall’oggi al domani di toglierle, ma fissando dei
paletti, ossia la puoi togliere all’aperto ma non quando non si riesce a
mantenere il distanziamento. Una scelta condivisibile».
E le discoteche le aprirebbe?
«Diciamo
che non sono un bene primario, anche se a me piaceva andare a ballare.
Pur con il green pass resta il fatto che sono frequentate da giovani in
larga parte non vaccinati e che il distanziamento e le mascherine sono
impossibili da imporre. Per cui domani è un po’ presto, vedremo più in
là».
Alla luce di tutto questo, cosa dovremmo fare per non farci trovare più impreparati?
«Come dicono le linee guida europee dell’Ecdc dobbiamo prepararci a livello globale, non più limitarci a una sola risposta sanitaria. Che è poi l’errore che si è fatto nella prima fase di gestione della pandemia. Abbiamo un Piano pandemico nuovo ma non basta. Si sta lavorando a un Piano di sicurezza nazionale che coinvolga tutti, Regioni, Stato, ministeri ed esercito. Per agire subito, sapendo quali attività economiche e sociali fermare e quali no, garantendo flessibilità nell’uso dei posti letto ospedalieri, avendo squadre di intervento sul territorio già formate e una rete di laboratori di sorveglianza. Perché avremo sicuramente altre pandemie. Ma dobbiamo attrezzarci affinché questa catastrofe sia anche l’ultima».
LA STAMPA
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