Ddl Zan, destra divisa: Salvini apre a Letta ma Berlusconi chiude
CARLO BERTINI
ROMA. «Non rifiuto il confronto con Salvini sul ddl Zan, ma la Lega vuole solo affossarlo», dice Enrico Letta. Ma ci sono ancora due settimane fino al 13 luglio, quando la legge approderà in aula. Buone per trattare. Quando il leader Pd sostiene «che la cosa migliore sia andare in aula e lì ognuno si assumerà le sue responsabilità», dalla Lega pensano che siano «solo posizioni di partenza».
Certo, sulla carta, la mediazione sulla legge Zan tra destra e sinistra è quasi impossibile, per una questione di sfiducia tra le parti, tanto per cominciare. Qualsiasi ritocco in Senato al testo approvato dalla Camera, riporterebbe la legge in terza lettura a Montecitorio: i giallorossi non si fidano e pensano sia tutta una manovra per prendere tempo e mandare la legge in soffitta.
Matteo Salvini di buon mattino chiede a Letta di vedersi per discutere di tutto, anche del ddl Zan. Tende la mano. Il leader Pd neanche gli risponde: l’ultima volta che lo fece, quando Salvini lo riprese sulla felpa pro-Ong, Letta gli scrisse «mi dispiace, ma…», reggendo il punto: e si ritrovò il suo whatsapp in rete due minuti dopo, con il commento «Letta si scusa…». Sfiducia innanzitutto personale, la più ostica. Poi c’è quella politica: i dem ritengono che la Lega non abbia convenienza a dire sì ad una legge contro l’omofobia. «I leghisti sono in malafede, o divisi: il governatore friulano Fedriga dice che la legge Zan va riscritta. Così è inutile discutere», dicono al Nazareno.
Malgrado ciò e malgrado entri a gamba tesa pure Silvio Berlusconi («servono grandi riforme, non la legge Zan»), dopo l’intervento della Chiesa, in queste ore si fa strada un’ipotesi di accordo: che intanto potrebbe poggiare sull’esonero delle scuole paritarie dall’aderire alla giornata pro-gender del 17 maggio istituita nel 2004. Anche se nel testo del Ddl Zan viene chiarito già che tutti gli istituti possono organizzare o meno iniziative nel rispetto dell’autonomia scolastica.
Ma tant’è. Anche sul nodo della libertà di espressione, che secondo la destra rischia di essere compressa, Pd e 5stelle fanno notare che già c’è l’articolo 21 della Costituzione che la tutela e che il ddl non mette in discussione le libere opinioni, come sostenere che la famiglia naturale è quella tra uomo e donna.
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