Assumere chi merita ed è utile

Terzo: scegliere bene. Per far questo, bisogna ricorrere a «open competitive examinations». Cioè a gare aperte a tutti, giudicate in modo imparziale, nelle quali i concorrenti non siano proclamati tutti vincitori. Questo è l’unico modo per dare a tutti eguali «chances» e per evitare che nei ranghi pubblici entrino gli amici degli amici. Se tutti sono scontenti della burocrazia italiana, ciò è dovuto al fatto che da un terzo a metà dei dipendenti non è entrato a seguito di una selezione rigorosa, con grave scorno per coloro che hanno gareggiato con fatica. Anche su questo un libro bianco del governo sarebbe utilissimo, perché non abbiamo indicazioni precise su quanti sono entrati dalla porta di servizio e su quanti sono stati paracadutati al vertice solo per meriti politici (anche il governo Draghi ha mostrato qualche debolezza, aumentando il numero degli incarichi dirigenziali che possono essere affidati con nomina governativa).

Carlo Stagnaro, nei giorni scorsi, ha osservato giudiziosamente che assumere è facile, organizzare il lavoro e renderlo produttivo è difficile e dipende dalle regole e soprattutto dalla qualità dei dirigenti. Viene, ora, dunque, la parte difficile del percorso. Bisogna — come a tavola — evitare pasti troppo abbondanti. Ricordare che — come alla guida dell’automobile — se si toglie il freno, la macchina non accelera da sola. Che spesso sottrarre è più funzionale che aggiungere. Tra qualche anno, ci troveremo con un indebitamento più alto. È nostro compito renderlo «buono» assumendo persone capaci di stimolare investimenti, invece di consumare risparmio, con spesa corrente e rallentando gli investimenti.

CORRIERE.IT

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