Inchinatevi, parla ancora Indro Montanelli
L’unico consiglio che mi sento di dare – e che regolarmente do – ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s’ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio”. Tutti in piedi, è Indro Montanelli che parla e anzi scrive. Anche lui con le tante contraddizioni che ha coltivato, ma con quella dote della libertà assoluta che lo ha portato ad essere osannato ovunque come Il Maestro.
Giornalista di razza, che l’editrice Solferino ha voluto riproporre agli amanti del bel libro e delle appassionanti storie della cultura nazionale, pubblicando «Un italiano contro – il secolo lungo di Indro Montanelli». Ne scriviamo con emozione, sapendo che ogni parola può essere sbagliata in memoria di un grandissimo raccontatore del suo tempo e non solo. Ma talmente libero, che nessuno al mondo avrebbe potuto imporgli di inginocchiarsi a chicchessia. Nella sua storia personale anche quella giovanissima etiope che prese in sposa e che lo portò ad essere praticamente linciato decenni dopo, addirittura imbrattandone le statue erette in sua memoria. Ma tanti sono stati i meriti di un giornalista ineguagliabile per stile e col dono di servire la parola come una pietanza profumata.
Sono passati vent’anni dall’addio di Montanelli a questa terra ed è difficile che il suo nome possa essere dimenticato in una qualsiasi delle redazioni italiane. È stato il meraviglioso cronista del Novecento: attraverso la sua penna il secolo è a disposizione dello storico e del cittadino comune che voglia saperne di più. Protagonista come pochi anche dei teatri di guerra. Non solo l’Abissinia. Ma la Spagna in piena guerra civile, la Polonia invasa dalla Germania, e i Paesi Baltici e la Finlandia sotto il giogo sovietico, sono stati pure raccontati da Montanelli, come ci ricorda il curatore dell’opera, l’inviato del Corriere della Sera Pier Luigi Vercesi. Ogni storia messa nero su bianco dalla sua penna, è valsa a Montanelli l’onore della lettura in quantità industriale quanto a copie vendute, ma anche l’onere delle contestazioni più radicali. Lui sempre al centro della polemica, che sembrava amare come una bella donna.
E quando la sua carriera sembrava giunta al termine – rievoca la copertina di «Un Italiano contro» – «Egli fondò e diresse due giornali, senza mai rinunciare alla sua indipendenza e al ruolo di bastian contrario. Negli anni bui della Prima Repubblica venne preso di mira e gambizzato dalle Brigate rosse. Alla fine, tornò a occupare la sua stanza al Corriere della Sera, il giornale che aveva sempre considerato come la sua “casa”».
Di lui, nel libro dedicato al suo «secolo lungo», scrivono 14 personalità del giornalismo e non solo, che a metterli in fila vengono i brividi: Ferruccio De Bortoli e Paolo Mieli; Pier Luigi Vercesi e Sergio Romano; Antonio Carioti e Gian Antonio Stella; Isabella Bossi Fedrigotti e Fernando Mezetti; Dino Messina e Luigi Offeddu; Beppe Severgnini e Aldo Cazzullo; Donata Righetti e Giangiacomo Schiavi. Testimoni e cantori di un grandissimo, straordinario giornalista.
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