Roma, l’Italia delle cento città lontana dalla sua capitale

D’Annunzio fece descrivere Roma al protagonista di un suo romanzo come «un rigurgito di cloache». Non era da meno Luigi Pirandello: «pareva che tutte le cloache della città si fossero scaricate e che la nuova vita nazionale […] dovesse affogare in quella torbida fetida alluvione di melma». D’Annunzio e Pirandello descrivevano il periodo dello scandalo della Banca Romana, a fine ‘800, accreditando quell’immagine di Roma come centro della corruzione politica che non si sarebbe mai dissolta, giungendo fino ai giorni nostri (e acquisendo nuovo vigore nel clima di antipolitica in cui viviamo da anni).

Ma quell’immagine letteraria aveva anche un precedente illustre ad opera di Dante, che nel Paradiso mette in bocca a San Pietro parole di fuoco contro un papato corrotto, che ha trasformato appunto la città in una «cloaca del sangue e della puzza», divenuta ormai dimora del demonio.

Questi riferimenti alla cloaca avevano un significato traslato, com’è sempre nelle metafore. Ma è fin troppo evidente che oggi quell’inadeguatezza di Roma a essere il cuore pulsante del Paese, e la stessa immagine della città-cloaca, hanno purtroppo acquisito un significato drammaticamente letterale. Fiumi di acqua e fango a ogni pioggia appena più intensa del solito, mucchi di immondizia su cui banchettano i gabbiani e che in alcuni quartieri sono di richiamo per gruppi di cinghiali, le strade sconnesse e pericolosissime per le voragini che vi si sono aperte: questi e altri problemi della città rischiano ormai di confermare in via definitiva l’antico disamore di tanti italiani per la loro capitale.

CORRIERE.IT

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