Green pass: una strana ostilità

Viene da chiedersi da dove venga questa grande sensibilità a vantaggio di chi obietta alla certificazione vaccinale. E perché i leader sindacali non siano altrettanto sensibili nei confronti di coloro che, in possesso di green pass, dovrebbero esporsi a rischi vivendo la propria vita lavorativa a stretto contatto con persone che potrebbero contagiarli.

Il segretario della Cgil infine motiva l’attuale irrigidimento anti green pass con tre considerazioni davvero curiose. La prima: «Nessuno può sostenere che gli uffici o le fabbriche costituiscano oggi potenziali focolai per la diffusione del virus». E infatti non lo sostiene nessuno. Proprio nessuno. La seconda: «Non deve passare il messaggio sbagliato che i vaccini e il green pass, pur fondamentali, siano sufficienti a sconfiggere il virus». A chi si rivolge Landini? Che ci risulti, non c’è persona che dica una cosa del genere. Constatiamo, semmai, che le vaccinazioni servono, in caso di contagio, a non finire nei reparti di terapia intensiva o al cimitero. E non è poco. Ma sono discorsi diversi. Il terzo appunto del segretario della Cgil è già stato un cavallo di battaglia dell’opposizione di destra: «Se il governo pensa che il vaccino debba essere obbligatorio, lo dica e approvi una legge. Abbiano il coraggio di farlo!». Non è questione di coraggio, caro Landini. Riteniamo che il ministro Speranza voglia lasciare aperta l’alternativa tra vaccino e tampone perché quella del tampone può fungere da «opzione» per chi non vuole (o non può) vaccinarsi. Eventualmente i sindacati potrebbero battersi per ottenere la gratuità (o quasi) del tampone. In fabbrica. Nelle scuole. Per chi è costretto a prendere un treno o un aereo. Ma questo sarebbe un discorso assai diverso che poco o nulla concederebbe a quel che si intravede dietro la guerra al green pass.

CORRIERE.IT

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