Giovannini: “Dopo il Morandi cambiamento culturale, ora ci sono i fondi per lavori e sicurezza”
Marco Menduni
GENOVA. Tre anni dopo il crollo del ponte Morandi Genova, la tragedia con 43 vittime, si ritrova ancora una volta unita nel dolore. Alla commemorazione di stamattina, insieme con Marta Cartabia, rappresenterà il governo il titolare delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile Enrico Giovannini.
Ministro,
nel terzo anniversario della tragedia quali impegni si sente di
assumere? Sarà possibile garantire la massima sicurezza senza creare
danni ai trasporti, al turismo, a chi si sposta per lavoro?
«Tante
persone, con la pandemia, hanno capito che prendere decisioni politiche
richiede il bilanciamento di obiettivi tutti irrinunciabili. In questo
caso tra sviluppo e sicurezza, in altri tra ambiente ed economia. In
questi sei mesi di governo abbiamo rafforzato le linee guida per
l’analisi della sicurezza di ponti e gallerie, gli obblighi per i
gestori di fare indagini regolari e periodiche, redigendo un “registro”
delle opere e dei piani di manutenzione. Abbiamo rilanciato e avviato la
piena operatività Ansfisa, l’Agenzia per la sicurezza delle ferrovie e
delle Infrastrutture, che ha iniziato le ispezioni, e rafforzato i
controlli eseguiti dagli ispettori del ministero». È sufficiente?
«No.
Servono anche investimenti e non a caso il Pnrr prevede azioni molto
significative per la digitalizzazione delle infrastrutture, ad esempio
installando sensori per monitorare lo stato delle opere. Ed è solo
l’inizio».
L’impegno della politica è concorde?
«Non
sempre le forze politiche privilegiano le operazioni di manutenzione
rispetto a un’opera nuova. Elettoralmente paga di più. Ma il dramma del
ponte di Genova ha determinato un cambiamento culturale a favore della
sicurezza che ora va rafforzato grazie alle risorse disponibili. Questo
vale anche per le manutenzioni in Liguria, che ha tante gallerie e
infrastrutture da sottoporre a manutenzione».
La rete è antiquata e gli interventi sono destinati a durare ancora a lungo.
«La
nostra rete denuncia tutti i suoi limiti, visto che è stata in gran
parte costruita 50, 60 anni fa. Per individuare il modo migliore per
affrontare le diverse dimensioni del problema (che si potrebbe
facilmente definire come “storico”) ho istituito una commissione di
esperti che entro l’anno presenterà le sue valutazioni. In ogni caso,
mettere in sicurezza la rete richiede investimenti ingenti per molti
anni».
I familiari delle
vittime chiedono che il governo non li abbandoni nella ricerca della
verità. E che dalla riforma della giustizia non emergano situazioni che
garantiscano impunità ai responsabili.
«Cercare
la verità e la giustizia è un compito della magistratura. Ovviamente,
l’attenzione va posta sugli aspetti penali dovuti a comportamenti
sbagliati od omissioni e alla conseguente responsabilità civile.
Garantire la sicurezza delle opere è prima di tutto un dovere etico e
tutti devono lavorare per questo obiettivo. Non solo nel caso delle
infrastrutture, ma anche sul lavoro e i troppi incidenti che accadono
dimostra quanto c’è ancora da fare da parte di molte imprese in questa
direzione».
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