Mattarella: «No a ipocrisie e ottusità. In Europa l’ora delle responsabilità»

di Marzio Breda

di Marzio Breda

Meeting di Rimini, la spinta del presidente della Repubblica su migranti e riforme Ue. Il capo dello Stato torna sulla lotta al Covid: «I vaccini? Un dovere»

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«Se il destino dell’umanità è comune, il futuro che dobbiamo comporre insieme non può più essere a somma zero. In cui, cioè, al progresso in un’area debba corrispondere, a compensazione algebrica, un arretramento in un’altra. La formula vincente che dobbiamo applicare è quella cosiddetta win-win. Si vince insieme, si perde insieme». Sergio Mattarella apre il Meeting di Cl con una riflessione nella quale attualizza un passo dei diari del filosofo danese Søren Kierkegaard su «il coraggio di dire io». Per lui quel pronome associato a un’idea di coraggio «richiama la necessità di rivolgersi ad altri, a uno o a tanti tu… Per comporre il noi della comunità». Il che, nel suo ragionamento, pesa sia nella crisi provocata da una pandemia ancora irrisolta, sia nella serpeggiante crisi dell’Ue. Infatti, sostiene, «c’è un io, un tu e un noi anche per l’Europa e per le sue responsabilità contro ogni grettezza, contro mortificanti ottusità miste a ipocrisia, che si manifestano in questi giorni, che sono frutto di arroccamenti antistorici e, in realtà, autolesionisti».

Parole dure. Una frustata che il presidente, pur senza riferimenti espliciti, indirizza a certe Nazioni sovraniste sistematicamente attive a ostacolare ogni politica di solidarietà (dal modello d’intervento del Recovery plan alla emergenza di quanti sono in fuga da Kabul), inceppando il percorso comunitario. E questo proprio mentre l’Unione «si fa motore di un nuovo sviluppo dei nostri Paesi, uno sviluppo più equilibrato e sostenibile». Quella scarsa condivisione e quelle «ipocrisie» (lo hanno colpito le bandiere afghane esposte in segno di vicinanza ai profughi in alcune capitali refrattarie però ad accoglierli) alimentano ormai, secondo Mattarella, «l’esigenza di potenziare e rendere non illusorie la sovranità comunitaria che sola può integrare e rendere non illusorie le sovranità nazionali». Vale a dire la necessità che i 27 mettano al più presto in agenda le modifiche istituzionali indispensabili per una maggiore integrazione. Perché «la sovranità comunitaria è un atto di responsabilità verso i cittadini e di fronte a un mondo globale che ha bisogno della civiltà dell’Europa e del suo ruolo di cooperazione e di pace». A Bruxelles serve insomma «un’ampia visione storica e non una scialba ordinaria gestione dell’esistente».

CORRIERE.IT

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