Green Pass, dal rischio sospensione al lavoro ai passaporti: ecco cosa cambia
Sulle sanzioni, se non ci saranno ripensamenti dell’ultima ora, si va verso una ulteriore stretta, che a questo punto dovrebbe interessare anche il personale della scuola, che senza Green Pass oggi come oggi resta a casa ed è considerato assente ingiustificato nei primi cinque giorni. Per entrare poi in aspettativa non retribuita dal giorno successivo. Se nel nuovo decreto prevarrà la linea di una ulteriore stretta, tanto per gli insegnanti che per i lavoratori del pubblico e del privato la sospensione dello stipendio scatterebbe già dal primo giorno, con la possibilità di rimanere in aspettativa non retribuita fino al 31 dicembre o fino ad altra eventuale scadenza dello stato di emergenza, ora fissata per fine anno. Una clausola di salvaguardia, fortemente voluta dai sindacati, impedirà in quell’arco di tempo al datore di lavoro di licenziare i ribelli del Green Pass. Questo non significa che sarà possibile farlo dopo, quando finita l’emergenza si presuppone vada in soffitta anche il passaporto vaccinale. Oltre alla sospensione dello stipendio nel privato come nel pubblico scattano le sanzioni pecuniarie da 400 a mille euro. Tanto per chi non ha il certificato, che per l’omesso controllo. Quest’ultimo nel pubblico impiego sarà demandato a una app fotocopia a quella utilizzata nella scuola, la cui verifica spetterà a capiufficio e responsabili del servizio. Nel privato i controlli spetteranno invece ai datori di lavoro.
Dagli sportelli a tribunali e trasporti ma resta il nodo dello smart working
La dizione «il Green Pass è obbligatorio per accedere a tutti i posti di lavoro nel pubblico e nel privato» proprio per la sua generica ampiezza sembra coinvolgere tutti i lavoratori che per svolgere la loro attività devono recarsi ad un posto di lavoro dove entrano in contatto con altri colleghi, ma anche con utenti e clienti. Questo significa che in tutto l’universo mondo del pubblico d’ora in avanti non si lavora e non si percepisce lo stipendio senza mostrare il lasciapassare sanitario. Che quindi non sarà obbligatorio solo per i dipendenti ministeriali o di regioni, province e comuni. Ma anche per tutti coloro che lavorano ad esempio nelle aziende pubbliche municipalizzate, come quelle dei trasporti urbani. E ancora il Green Pass dovranno averlo in tasca o memorizzato nello smartphone militari, forze dell’ordine, magistrati e personale dei tribunali, addetti delle varie agenzie regolatorie, tanto per fare qualche esempio. Con il Pass obbligatorio il ministro delle Funzione pubblica, Renato Brunetta, ha detto a chiare lettere che vuole riportare almeno l’85% dei dipendenti a lavorare in ufficio. Resta da capire se chi resta in smart working non sarà al momento obbligato a possedere il certificato dovendo lavorare da casa. Il passaporto sanitario sarà obbligatorio invece per i dipendenti delle partecipate dal pubblico, come Ferrovie dello Stato, Poste e Gruppo Leonardo. In tutto altri 250mila lavoratori.
In fabbrica, nei negozi o dal barbiere sono coinvolte anche le partite Iva
Sulla definizione di «lavoratori del privato» si è discusso a lungo e se ne discuterà fino al Consiglio dei ministri di oggi. Va da sé che il Green Pass sarà obbligatorio per tutti coloro che lavorano in fabbrica e nelle aziende private di qualsiasi tipo. E nelle attività, come quelle di bar e ristoranti, cinema e teatri, dove è già obbligatorio per clienti e utenti. Così come per i dipendenti pubblici, resta da capire se dall’obbligo resta esentato chi al momento lavora esclusivamente in smart working. Ben pochi lavoratori del privato in realtà, visto che quasi tutte le imprese preferiscono l’alternanza casa-lavoro. Salvo ripensamenti dell’ultima ora però l’obbligo scatterà anche per l’esercito delle partite Iva. Questo vuol dire che il negoziante, il barbiere o l’estetista senza Green Pass non potranno alzare la saracinesca dei loro negozi e i loro commessi o collaboratori senza lasciapassare resteranno anche loro a casa. Del resto risulterebbe altrimenti difficile spiegare perché un cameriere e un barista debbano avere obbligatoriamente il certificato e magari un ottico che è a maggior rischio di trasmissione del virus no. Stesso discorso per i professionisti, come avvocati o commercialisti, che per esercitare la professione devono in ogni caso recarsi a studio ed entrare in contatto con altri colleghi o segretarie. Sarebbero esentati dall’obbligo soltanto coloro che lavorano esclusivamente in modalità remoto da casa propria.
LA STAMPA
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