Elezioni regionali, seggi in famiglia e vendette nella partita della Calabria. E la sinistra è divisa in tre

Contro il candidato ufficiale del Pd e del M5S, la scienziata Amalia Bruni, scelta dopo un infinito tormentone, sono in partita infatti il sindaco uscente di Napoli Luigi de Magistris (che in Calabria aveva già lavorato come pm sollevando il vespaio dell’inchiesta «Why not» che coinvolgeva tra gli altri due governatori di anni e giunte diversi, Agazio Loiero e Giuseppe Chiaravalloti, poi assolti) ma anche il penultimo presidente di sinistra, Mario Oliverio. Il quale, dopo quarant’anni di potere (quattro volte deputato a Roma, sindaco di San Giovanni in Fiore, presidente provinciale e poi regionale) era stato scaricato da Zingaretti perché coinvolto in una inchiesta di Nicola Gratteri per corruzione e ridotto (da governatore!) all’obbligo di dimora nel suo paese sulla Sila. Un’accusa poi evaporata senza che il magistrato dell’accusa facesse manco ricorso contro l’assoluzione. Risultato: rinfacciando al partito di non averlo difeso, si è ricandidato pure lui. Obiettivo: fare perdere la coalizione Pd-M5S. E se di conseguenza vincerà la destra? Amen.

Litigi su tutto

Dove possano andare tutti e tre, stando ai sondaggi, non si sa. Ma non perdono occasione, come i polli di Renzo, per litigare su tutto. E mettere in secondo piano la sfida teoricamente più importante e cioè al candidato della coalizione destrorsa, come dicevamo Roberto Occhiuto, che in caso di elezione darebbe in un certo senso il cambio al fratello Mario costretto dopo dieci anni a lasciar la poltrona di sindaco di Cosenza e noto soprattutto per l’idea, laudata di qua e ridicolizzata di là, di scavare alla ricerca del tesoro di Alarico che fece sì strage degli antenati «cosentini» ma farebbe furori (dice lui) come promotore turistico. E «Giacomino» Mancini, l’erede del celebre nonno? Dopo varie giravolte, perse le tracce. In compenso, nell’infornata di nipoti, cognati, cugini anche chiacchierati riecco la potentissima famiglia Gentile. Il primo (quasi matematico) sarà Andrea Gentile figlio di Tonino, la seconda Katya, figlia di Pino, a suo tempo vice dell’Occhiuto sindaco («uomo di panem et circenses, feste, luminarie e inaugurazioni funamboliche») e sua nemica giurata. E vabbé, un seggio aiuta a dimenticare…

Giostra di assessori

Di esser destinati a perdere, però, la scienziata «giallorossa» e «‘o sindaco» partenopeo non vogliono proprio sentir parlare. Soprattutto de Magistris: «Nonostante i sondaggi contrari, ho stravinto entrambe le elezioni a Napoli, ha spiegato a Antonio Ricchio, «ma ciò di cui vado orgoglioso è che dopo aver ereditato una città agli ultimi posti in tutte le classifiche, la lascio collocata ai vertici dell’attenzione nazionale e internazionale. I calabresi possono fidarsi di me, ho governato a Napoli contro il “sistema”». Nonostante la giostra di 35 assessori? Fatto è che invocando un cambiamento han deciso di appoggiarlo vari intellettuali calabresi, da Vito Teti a Domenico Cersosimo, non altri che l’hanno visto all’opera a Napoli, come Mirella Barracco della Fondazione Napoli Novantanove e lo storico Paolo Macry: «Sembra quasi che i miei amici non conoscano il radicale fallimento delle sue giunte, il degrado della vivibilità cittadina, il crollo della politica finanziaria, la cronica tendenza ad evadere dai problemi concreti chiamando a raccolta istanze populiste prive di qualsivoglia competenza»…

Lo scivolone sulla ‘ndrangheta

Competenza che, invece, rivendica d’avere la scienziata Amalia Bruni: «Ho avuto in carico diecimila pazienti, che significa diecimila famiglie, posso prendere in carico 1,9 milioni di calabresi che hanno diritto ad una vita dignitosa. Per tutta la vita ho guidato team di clinici e ricercatori, posso farlo anche con una squadra di politici. Del resto, la storia del nostro centro lo dimostra, io sono quella delle mission impossible», ha detto a Repubblica. Auguri. Certo è che uno scivolone l’ha fatto subito: «La ‘ndrangheta è questione di cui si devono occupare i tribunali». Non l’avesse mai detto: «Questa frase io l’ho sentita sin da quando portavo i pantaloncini corti», è saltato su Enzo Ciconte autore di vari libri sul tema, «l’ho sentita in Calabria, nella mia terra, e l’ho sentita ripetere nelle regioni del nord. Non è così. Quella contro le mafie è una guerra culturale, sociale, politica. E va combattuta tutti i giorni».

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