L’addio di Angela Merkel, la fine di un’era irripetibile. Il pragmatismo, la sua forza e il suo limite
Ha guidato il fronte delle sanzioni contro la Russia dopo l’invasione della Crimea, ma ha dato a Putin un’ipoteca sul futuro energetico dell’Europa, facendo di tutto perché fosse completato il Nord Stream 2. E anche con la pandemia, che l’ha vista finalmente varcare il Rubicone della mutualizzazione del debito, tirando la volata al Next Generation Eu, Merkel non si è stancata di ripetere che è una tantum, una parentesi dettata dalle necessità, giustificando così un dibattito di retroguardia dove gli eterni Javert della spesa già invocano a gran voce il ritorno alle regole dell’austerità.
«Avanti per millimetri»
Ma anche sul piano interno, la musica non cambia: Merkel ha deciso di chiudere le centrali nucleari dopo la catastrofe giapponese, ma non ha affrontato il corollario dell’accresciuta dipendenza dal carbone, né ha voluto premere per la riconversione ecologica dell’industria tedesca. Il risultato è che oggi la Germania è il Paese in Europa che emette più gas nocivi nell’atmosfera. «Mario, we have to move millimetrically», Mario dobbiamo muoverci per millimetri, ripeteva Angela Merkel all’allora presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, negli anni della crisi dell’euro. Nulla meglio di questa frase riassume non solo il metodo politico, ma anche lo stesso modo di essere della cancelliera. Metodica, cauta, si muove senza spostarsi, mai legata a una posizione forte, che invece trova in corso d’opera, quella in grado di mettere tutti d’accordo. «Campionessa mondiale del compromesso», la definisce Paolo Gentiloni. «Con Angela Merkel sai che atterrerai sempre sano e salvo, ma non sai mai dove atterri», dice uno dei suoi critici.
Scomporre i problemi
Sono passati più di trent’anni dal suo ingresso nella vita pubblica, sedici da quando guida la Germania. Ma Angela Merkel è in fondo rimasta una scienziata prestata alla politica, che affronta i problemi scomponendoli e risolvendoli per approssimazioni successive, sulla base della maggior quantità di dati e fatti a disposizione. Alle posizioni politiche, per lei sostanzialmente intercambiabili, Merkel preferisce i valori: i diritti umani, la libertà, l’equità sociale, il multilateralismo. L’impercettibilità dei movimenti ha tuttavia anche un’altra motivazione, non meno cruciale, nella metafisica merkeliana: il contatto con il Paese e il suo umore profondo vengono prima di ogni altra cosa: «L’evidenza scientifica ci spinge spesso a fare più in fretta, ma noi donne e uomini della politica dobbiamo trovare le maggioranze necessarie». Non ebbe alcun problema, appena diventata cancelliera nel 2005, ad abbandonare le posizioni liberiste che le erano quasi costate l’elezione.
Pragmatismo europeista
La sua vera grandezza consiste nell’aver guidato la Germania per così lungo tempo tenendola saldamente nel solco dell’Europa, cosa per nulla scontata in alcuni passaggi, trovando sempre le soluzioni possibili ma mai gettando il cuore oltre l’ostacolo. E lo ha fatto dando un esempio quasi stoico di moralità pubblica ed etica della responsabilità che ha pochi precedenti e sarà difficilmente replicabile. Oggi però la Germania ha bisogno d’altro, deve finalmente guardare in faccia il futuro e affrontare il cambiamento. Quello che la cancelliera le ha risparmiato. In questo senso, con nostalgia ma anche senza rimpianti, è giunta l’ora di dire: Good Bye Merkel.
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