Le parole di Prodi: “Salvini e Meloni inadeguati a governare giusto sospendere dal lavoro chi non ha il Pass”

NICCOLò CARRATELLI

Non è stupito, ma preoccupato sì, Romano Prodi. Di fronte alle proteste «no Green pass», che «non devono nuocere alla collettività», alla violenza squadrista, «che mi angoscia», a una destra italiana che non riesce a fare i conti con il proprio passato: «Ci sono legami mai sciolti, a cominciare dai simboli – spiega l’ex premier – e alleanze pericolose con forze antieuropee». Per questo, se Salvini e Meloni arrivassero al governo sarebbe «un problema gravissimo» per il Paese, dice il Professore durante la chiacchierata con il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, al Salone del Libro di Torino, dove presenta la sua biografia dal titolo “Strana vita è la mia” (Solferino).

In un capitolo parla della nostra democrazia fragile, ma ora c’è chi pensa che siamo diventati una dittatura sanitaria…
«Macché dittatura, qui il punto è che non possiamo bloccare il Paese perché qualcuno non accetta il Green pass. Confesso che io addirittura pensavo fosse opportuno l’obbligo di vaccinazione, ma il pass resta una via di mezzo importantissima. In una società i diritti individuali e quelli collettivi viaggiano in parallelo: io ho il diritto di venire a lavorare vicino a lei e attaccarle il Covid? No».

È giusto, quindi, prevedere la sospensione dal lavoro senza stipendio?
«Per forza, ma è stata prevista la via d’uscita del tampone, per chi non vuole vaccinarsi. O il vaccino, oppure tampone, tampone, tampone. Fuori da questo schema non si può stare, perché è pericoloso».

Il tampone chi lo deve pagare? Lo Stato? Le imprese?
«Direi che è un po’ strano che lo Stato paghi il tampone a chi non obbedisce a una sua norma. Io ti dico di andare a destra, poi se vai a sinistra è lo stesso, non fa niente: non funziona così».

Ci sono 3 o 4 milioni di lavoratori non vaccinati: come si procede?
«Sui numeri reali sarei prudente, ma c’è poco da fare: bisogna mettere queste persone in condizione di non nuocere agli altri».

Quindi, Draghi fa bene a non arretrare dalla linea del rigore?
«Sì, sono convinto che, se quest’anno facciamo il 6% di sviluppo e abbiamo un numero molto più basso di morti, lo dobbiamo al fatto che oltre l’80% degli italiani si è vaccinato con due dosi. Tra l’altro io, avendo più di 80 anni, la prossima settimana farò la terza dose».

C’è chi non la pensa così e protesta, anche in modo violento. Cosa pensa di quanto successo a Roma sabato scorso?
«Ho pensato a Washington e all’attacco al Campidoglio del 6 gennaio. C’è un malessere che non è solo italiano. Quella violenza non mi ha stupito, ma mi ha angosciato: è assolutamente inaccettabile».

Da lì è scaturita una discussione politica sulla matrice fascista dell’aggressione, che Giorgia Meloni non ha riconosciuto. C’è un problema della destra italiana a fare i conti con il proprio passato?
«Il problema c’è, è evidente, si è sempre trovato il modo di rinviare il momento in cui affrontarlo. Nella nostra Costituzione c’è una condanna di tutti i rigurgiti neofascisti, ma la messa in atto di questo principio non c’è mai stata, almeno non come in Germania. Magari, a livello giuridico, ci possono essere dei distinguo, ma la sostanza è quella: un’eredità formale che rende difficile prendere provvedimenti».

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