Le parole di Prodi: “Salvini e Meloni inadeguati a governare giusto sospendere dal lavoro chi non ha il Pass”
Se lei fosse al posto di Draghi, farebbe un decreto per sciogliere Forza Nuova?
«Non
lo so, si potrebbe creare un problema di legittimità nel farlo prima di
un pronunciamento della magistratura. Politicamente sarebbe importante
prendere decisione, una volta per tutte, ma giuridicamente non so darle
una risposta, ammetto la mia ignoranza in materia».
Lei
ricorda quando Gianfranco Fini avviò una rivisitazione del pensiero
della destra italiana, definendo il fascismo come il male assoluto. Oggi
Lega e Fratelli d’Italia hanno fatto passi indietro?
«Anche
formalmente ci sono riferimenti al fascismo, nei simboli, quindi il
problema esiste. Poi va detto che la nostra destra, a Bruxelles, si è
alleata con le forze antieuropee. Seguo con interesse, però, la
dialettica nata all’interno della Lega e spero possa dare i suoi frutti
in futuro. Ricordo che anche Forza Italia nacque molto scettica
sull’Europa e poi ha fatto una sua evoluzione».
Che
segnali sono la decisione della Corte Costituzionale polacca sulla
prevalenza dell’ordinamento interno su quello comunitario e la richiesta
di 12 Paesi di finanziamenti europei per costruire muri anti-immigrati?
«La
vicenda polacca è molto grave, perché cancellare la superiorità della
legge europea significa dire che è finita l’Europa. Ma il processo è
lungo e la società polacca ha saputo reagire, questo è importante. Sulla
questione dei muri, siamo di fronte a una tragedia mondiale: non
essendoci un’autorità sovranazionale, ognuno gioca per sé e, visto che
nelle nostre democrazie l’immigrazione è la paura più grande, troppi
Paesi obbediscono a questo richiamo nel momento elettorale. Il problema
non è solo il muro fisico, ma che questo tema non è stato affrontato
nelle sedi opportune, cioè le Nazioni Unite».
Ma in Europa il modello sovranista è superato o resiste?
«C’è
ancora, ma la cosa positiva è che la grande maggioranza dei cittadini
europei è per l’Europa, ha capito che, di fronte a Cina e Stati Uniti, o
stiamo insieme o soccombiamo. Solo uniti possiamo avere un peso anche
all’interno della Nato: basti pensare al ritiro dall’Afghanistan, di cui
gli americani non ci hanno nemmeno avvisato».
Vista da Bruxelles, la possibilità che Salvini e Meloni vadano al governo in Italia è percepita come un problema?
«Certo, e gravissimo. Del resto, chiunque appoggi la mossa della Polonia, come ha fatto Meloni, è contro l’Europa».
Le
tocca dare ragione a Silvio Berlusconi, che sul nostro giornale ha
espresso gli stessi dubbi su natura della destra italiana e
inadeguatezza a governare di Salvini e Meloni…
«Guardi,
da Berlusconi mi dividono molte cose, ma ho davvero apprezzato il suo
cambiamento dal punto di vista della collocazione europea. Come dice il
Vangelo, c’è più gioia in cielo per un solo peccatore che si converte
che per cento giusti».
Nel
centrodestra c’è chi pensa che Berlusconi sarebbe il miglior candidato
per il Quirinale, mentre un pezzo di sinistra pensa di nuovo a lei…
«Un
pezzetto piccolino (ride, ndr). Vede, l’anno prossimo, quando si elegge
il presidente della Repubblica, avrò 83 anni, più 7 fanno 90: non sta
bene. Magari Berlusconi usa le statistiche in modo diverso. Comunque, al
Quirinale non viene eletto chi ha più voti, ma chi ha meno veti. E io
ne ho diversi. Credo ne abbia anche Berlusconi».
Quindi al Quirinale non pensa proprio?
«No,
mi sento fuori dal giro e, nella realtà politica, lo sono. Del resto,
credo che gli ultimi siano stati gli anni più belli per me: quando si ha
autorità senza responsabilità si è felici».
Ci andrà Draghi al Quirinale? O continua al governo fino a fine legislatura?
«Si
trova di fronte a una scelta: un anno di potere diretto oppure sette
anni di autorità. Ma, a prescindere da quello che deciderà Draghi, non
credo che la legislatura si interromperà. C’è un legittimo interesse dei
parlamentari ad arrivare alla fine e credo sia anche nell’interesse del
Paese».
Il governo esce rafforzato da queste elezioni amministrative?
«Sicuramente
sì, perché il voto non ha prodotto scossoni. Rende più forte il Pd, che
sostiene il governo, mostra una Lega in difficoltà, anche per i dissidi
interni, e obbliga il Movimento 5 stelle a un chiarimento definitivo,
perché ci sono divisioni che vanno ricomposte».
Conte è la persona giusta per farlo? Ed è un punto di riferimento per i progressisti?
«Conte
ora ha più probabilità di altri di esercitare un ruolo da unificatore
nel suo partito. Ma deve riuscire a dare una linea unitaria e a
trasformare un elettorato di protesta in elettorato di governo».
E Letta, invece? È il leader giusto per il centrosinistra?
«Sì,
sta trasformando il Pd e, soprattutto, ha detto che farà appello al
popolo: se non torniamo ai congressi dei partiti non avremo mai vera
democrazia. Come ai tempi dell’inizio dell’Ulivo, quando ho macinato
chilometri con il pullman per coinvolgere centinaia di migliaia di
persone. Se Letta davvero fa questo, resuscita il Pd».
E resuscita pure l’Ulivo?
«Devo dire che c’è grande nostalgia dell’Ulivo: era sparito, ma ora la gente per strada mi dice che bisogna rifarlo. Magari il nome sarà un altro, ma ci vuole una coalizione di riformisti e, dall’altra parte, una di conservatori. Servono entrambe, per il bene del nostro Paese».
LA STAMPA
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