Il centrodestra, le crepe e le manovre
Nella tregua appena siglata dal centrodestra sulla scia della sconfitta nelle grandi città stanno già emergendo le crepe. E non tanto per la fronda di una parte di Forza Italia nei confronti di Silvio Berlusconi, liquidata dal fondatore come una reazione inspiegabile e comunque senza sbocchi. A non tornare sono i proclami che accreditano Lega, FdI e FI uniti e compatti sia rispetto alle elezioni per il Quirinale, sia nei rapporti col governo di Mario Draghi, sia tra di loro. A parte le dichiarazioni di Berlusconi che si definisce «professore in cattedra», declassando Matteo Salvini e Giorgia Meloni ad «allievi», sono i percorsi a mostrare qualche curva imprevista.
Il Cavaliere convinto che il premier Mario Draghi stia bene a Palazzo Chigi per essere «più utile all’Italia», e il capo del Carroccio che invece lo candida al Quirinale appaiono non proprio sulla stessa lunghezza d’onda. Idem la nettezza con la quale Berlusconi difende la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, bacchettando indirettamente Salvini e Meloni per gli attacchi virulenti dei giorni scorsi al Viminale. Terzo elemento distintivo: un appoggio totale a Draghi, esorcizzando il rischio di «regalarlo alla sinistra», con la rivendicazione di un rapporto lungo e cordiale.
È una somma di avvertimenti lanciati subito dopo il suo arrivo a Bruxelles per una riunione dei Popolari europei. Coincidenza non casuale neanche questa. Berlusconi sembra voler dire alla destra di governo e di opposizione che senza la sua regia si perde, come alle ultime elezioni amministrative; e che il sovranismo, comunque declinato, isola il suo schieramento a livello continentale. È una rivendicazione del ruolo di garante anche internazionale, con la prospettiva di portare la Lega nel Ppe, ma con tempi lunghi; e non abbreviati dal dialogo, confermato anche giovedì, tra Salvini e la destra francese di Marine Le Pen.
Il guaio, per il leader di FI, è che la sua formazione rimane minoritaria nel centrodestra, e percorsa da spinte centrifughe; e che il ruolo storico di federatore si scontra con una miscela di protagonismo e competizione ormai radicati. Poche ore dopo il patto stipulato nella villa romana di Berlusconi, giovedì Salvini ha attaccato davanti ai propri parlamentari gli scarti ripetuti di Meloni durante la campagna elettorale: critiche all’esecutivo, ha detto, destinate in realtà a mettere in difficoltà la partecipazione della Lega alla maggioranza di governo.
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