Il voltafaccia della Lega: voto a Bruxelles in difesa della Polonia. Un decreto per accelerare sul Pnrr
Alessandro Barbera, Ilario Lombardo
BRUXELLES-ROMA. Per Mario Draghi il pomeriggio di tensioni a Bruxelles sulla strategia energetica è solo un contrattempo che lo distoglie dal lavoro a Roma. In questi giorni il premier ha in testa una cosa sola: rispettare le scadenze del Piano nazionale di ripresa (Pnrr). La credibilità dell’Italia in Europa – e in ultima istanza anche la sua – dipende in gran parte da questo. Già qualche settimana fa Draghi aveva sollecitato i ministri ad accelerare il lavoro sui progetti. Il cronoprogramma che il governo si è impegnato a realizzare entro fine dicembre conta 51 obiettivi. Il primo rapporto di monitoraggio del lavoro realizzato un mese fa – il 23 settembre – conta otto riforme fatte su ventisette e cinque investimenti su ventiquattro. In totale: tredici «target» su cinquantuno raggiunti. E mancano ormai solo due mesi a Natale.
Per Draghi – lo ha detto pubblicamente – è una questione di «serietà e responsabilità» di fronte all’Europa. Il presidente del Consiglio teme che le lentezze della burocrazia dei ministeri e delle amministrazioni locali possano impantanare il piano e così, prima di partire per il Consiglio europeo, ha dato mandato al sottosegretario di Palazzo Chigi Roberto Garofoli di preparare un provvedimento che darà un’ulteriore spinta all’approvazione dei progetti. Se tutto andrà secondo le previsioni, arriverà in Consiglio dei ministri la prossima settimana.
Per capirne di più occorre leggere la pagina otto, punto B del rapporto di monitoraggio. «È necessario che i ministeri facciano pervenire al più presto a Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia norme attuative abilitanti ritenute necessarie per accelerare l’adozione delle misure». Per questo «verranno adottati ulteriori provvedimenti». Si tratta in sostanza di norme specifiche che permetteranno di sbloccare riforme o investimenti incagliati. Parte di esse verranno assorbite dalla legge di Bilancio, altre confluiranno in un decreto.
Insomma, Draghi non ha un minuto da perdere. Oggi, subito dopo la fine del Consiglio all’ora di pranzo, tornerà a Roma per chiudere la bozza della Finanziaria che a Bruxelles attendono già da qualche giorno. Dal primo ottobre Garofoli ha acquisito più poteri per la struttura da lui stesso guidata – l’Ufficio del programma di governo – e dare così supporto alla cabina di regia del Recovery Plan. È stato Garofoli, assieme al ministro del Tesoro Daniele Franco, a farsi carico dell’urgenza sollevata da Draghi e a chiedere ai ministri di mostrarsi «più determinati». Fra quelli più in ritardo e con il numero più alto di progetti il responsabile delle Infrastrutture Enrico Giovannini e quello della Transizione energetica Roberto Cingolani.
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