Il banchiere di campagna e la favola nata su una Citroen

Paolo Stefanato

Un giorno di cinquant’anni fa un falegname consegnò a Ennio Doris, promotore finanziario, un assegno di dieci milioni di lire. Non era poco, e l’artigiano, mostrandogli le mani callose, dense di fatica, gli disse: se lei farà fruttare questo denaro potrò permettermi il lusso di ammalarmi e poi di avere una vecchiaia serena. Doris sentì tutto il peso della responsabilità e capì – parole sue che «essere altruista era il miglior modo di essere egoista». Fare il bene degli altri lo avrebbe ricompensato, secondo i principi religiosi ai quai era stato educato. Realizzò anche che il sistema finanziario italiano doveva essere svecchiato e che un unico interlocutore doveva fornire al cliente i servizi su misura per le sue necessità, polizze infortuni, previdenza integrativa, assicurazioni, fondi comuni, servizi bancari, immobili. Doris diventò un grande innovatore, capì di che cosa aveva bisogno la gente e costruì un sistema moderno e completo di approccio al denaro. Il principio di «altruismo uguale egoismo» ebbe la più evidente manifestazione nel 2008, dopo il crollo di Lehman Brothers e dei mercati mondiali: i due principali soci del gruppo Mediolanum – ovvero Doris e Silvio Berlusconi – attinsero alle loro disponibilità personali per rimborsare tutti gli 11mila clienti che avevano titoli Lehman: un caso unico in Italia e forse al mondo (altrove furono le società o le banche a farsene carico: qui i due primi azionisti). Ebbene, essere generosi ricompensa: l’operazione costò circa 120 milioni e l’anno dopo la raccolta schizzò da 2,8 a 5,89 miliardi.

Ennio Doris veniva dalla provincia padovana, da Tombolo, dove il padre faceva il mediatore di bestiame. Una casa di campagna dove abitavano 18 persone, con il benessere che poteva esserci a guerra in corso: Doris nacque nel 1940. Le sveglie all’alba per accompagnare il padre ai mercati, il freddo, la scuola. Poi, ragioneria a Treviso e tanta, tanta voglia di fare. «La mia infanzia è stata il mio paradiso» diceva e a quell’educazione solida e intrisa di valori va forse ascritta la serenità di giudizio, il buon senso contadino, l’ottimismo mai scalfito che lo hanno contraddistinto per tutta la vita. Mai chiacchierato, mai sopra le righe. L’altra grande fortuna fu l’incontro con Lina Tombolato, conosciuta nel 1962, quasi sessant’anni fa, sposata nel 1966 e mai tradita: un amico irrequieto come Silvio Berlusconi non nascondeva la sua invidia: «Hai incontrato subito la persona giusta». «La famiglia è tutto», insisteva lui, due figli e sette nipoti ma una moglie sola.

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