Fine vita, Parlamento ingolfato e irresponsabile

Annalisa Cuzzocrea

Verranno a dirvi che non c’è tempo. La legge sul fine vita è rimasta ferma per sette anni nelle commissioni parlamentari. Nel frattempo, dj Fabo andava a morire in Svizzera aiutato da Marco Cappato, un processo sanciva l’innocenza dell’attivista radicale, la Corte Costituzionale chiedeva al Parlamento di agire, subito: per colmare i vuoti normativi che lasciano persone come Mario – il tetraplegico che ad agosto scorso ha lanciato il suo appello attraverso La Stampa – in balìa di un paradosso: hanno il diritto di mettere fine alle loro sofferenze, ma non ci sono le procedure per farlo.

Il referendum sul suicidio assistito ha raccolto oltre un milione e duecentomila firme, ma il Parlamento è impegnato. Ha da fare. Altrove, probabilmente. Ieri i passi dei pochi presenti rimbombavano in un Transatlantico deserto: in Aula, appena venti deputati erano impegnati a dibattere di una legge che – sono i primi a saperlo – vedrà la luce con molta difficoltà. Non solo per l’indifferenza che la circonda, soprattutto a destra, dove si è presentato chi doveva fare giusto un intervento di rito. Ma perché Camera e Senato sono come spenti, e lo sono da mesi. C’è stato il Covid, è vero. Ci sono stati la pandemia, l’emergenza, i Dpcm, ma poi? La discussione di ieri si è conclusa con il presidente di turno, Fabio Rampelli, rappresentante di Fratelli d’Italia e quindi del partito più ostile al testo, che diceva: «Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta».

I più ingenui penseranno che tra qualche giorno si comincerà a votare. Tra qualche giorno ci saranno tutti. E invece, quello del Fine vita, in aula, è stato giusto un saluto. Un modo per dimostrare che sì, certo, se il Parlamento viene chiamato ad agire è capace di tirare una norma di iniziativa popolare fuori da un cassetto, di emendarla per cercare il consenso più ampio possibile e di portarla in aula. Solo che di Fine vita la Camera non parlerà né domani, né dopodomani. Neanche dopo Natale o dopo Capodanno. Oggi si vota la fiducia al decreto fiscale, senza che i deputati abbiano potuto toccarne neanche una virgola. Giovedì ci sarà il decreto sul Pnrr. Al 90 per cento, arriverà la richiesta di fiducia anche su quello. Nel frattempo il Senato sarà alle prese con la manovra di Bilancio, che negli ultimi giorni del 2021 dovrà essere licenziata dalla Camera. Nel mezzo, il disegno di legge delega sulla Disabilità e gli emendamenti della ministra della Giustizia Marta Cartabia per la riforma del Consiglio superiore della magistratura.

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