Covid, da Alfa a Omicron: effetto dei vaccini, contagiosità e sintomi delle varianti. Gli allarmi sono giustificati?
Allerta Beta, Gamma, Delta
La variante Beta colpisce soprattutto in Alto Adige, ma data la sua scarsa diffusione sia geografica che temporale non ci sono stime su un’eventuale maggiore trasmissibilità. Studi preliminari dicono, però, che potrebbe essere in grado di infettare persone precedentemente immunizzate. La Gamma si diffonde in particolare nelle regioni dell’Italia centrale (Lazio, Umbria, Toscana). Il suo potenziale livello di contagiosità è superiore di 1,03–1,56volte rispetto al virus del 2020, vuol dire che in assenza di misure di controllo un infettato può contagiare in media circa altre 4,3 persone. Come la Beta, provoca un potenziale rischio di reinfezione. In termini di gravità, in generale, tutte si mostrano più aggressive rispetto al tipo di virus circolante nel 2020. Amaggio 2021 arriva anche in Italia la Delta, già identificata a dicembre 2020 in India. Il suo indice di trasmissibilità è superiore da 1,33 a 2,1 volte rispetto alla variante Alfa. Dunque, in assenza di controlli un contagiato può infettare in media altre 6,75 persone. Da luglio 2021 la variante Delta diventa dominante (94%).
La campagna vaccinale di massa
Ognuna di esse produce a sua volta varianti e mutazioni. Da fine dicembre 2020, però, è iniziata la più grande campagna di vaccinazione globale, aumentando in modo progressivo le coperture immunitarie, almeno nei Paesi più ricchi. Conseguenza: Alfa e Beta, che erano le più brutte, si sono quasi estinte. Quella che circola oggi è ancora prevalentemente la Delta. In ogni caso, tutte le nuove varianti sono emerse in Paesi a bassa o bassissima copertura vaccinale.
L’Omicron
In Sudafrica e Botswana la percentuale di popolazione vaccinata è del 20%, ed è lì che a novembre 2021 è stata sequenziata Omicron. È una variante con dentro 43 mutazioni, mentre per esempio la Delta ne aveva 8. Secondo Fausto Baldanti, direttore del Dipartimento di virologia del Policlinico San Matteo di Pavia, che osserva da inizio pandemia varianti e mutazioni, le 43 mutazioni di Omicron sono troppe rispetto alla struttura originale, e questo potrebbe non essere vantaggioso per il virus. In altre parole: per la popolazione non sarebbe problematico rispetto alle sue precedenti versioni. Lunedì c’è stato il primo infetto da Omicron sul territorio in Lombardia, a Legnano. Il laboratorio di virologia del Policlinico ha messo il virus in cultura. Una volta cresciuto in vitro, sarà messo a contatto con il siero di una persona vaccinata, e a quel punto si comprenderà a quale livello può interferire con il vaccino, e la differenza rispetto agli altri ceppi. Gli esiti si conosceranno fra una decina di giorni. Magari questa volta la sfanghiamo.
Il circolo vizioso
Il problema di fondo resta: le varianti sono imprevedibili, e più circola il virus, più varianti nascono. Questo dato di fatto rende necessarie coperture vaccinali più alte, proprio per ostacolarne la diffusione.
In particolare, la percentuale di popolazione da immunizzare aumenta con l’R0 in modo proporzionale in base a una formula matematicaQuindi tenendo conto della velocità di diffusione, con l’R0 iniziale sarebbe stato sufficiente vaccinare grosso modo il 67% della popolazione. Queste coperture salgono al 78% quando si diffonde la variante Alfa e all’85% per la Delta
Le stime però non considerano che i vaccini di cui disponiamo non sono perfetti nel proteggere dall’infezione: contro la variante Delta, ad esempio, l’efficacia con ciclo completo di due dosi è di circa l’80%, e va a diminuire dopo sei mesi. Quindi vuol dire che la percentuale di popolazione da vaccinare per arginare il virus si alza ancora. In conclusione: nessun singolo Paese è protetto, se i vaccini non arrivano e vengono somministrati a tappeto in ogni parte del mondo, poiché laddove le popolazioni sono poco immunizzate, varianti e mutazioni si moltiplicano e si esportano. Se poi, nei Paesi dove i vaccini ci sono, una fetta di popolazione non si immunizza, si innesca un circolo vizioso dal quale sarà difficile uscire. dataroom@rcs.it
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