L’Economist incorona l’Italia: «Draghi ha cambiato il Paese»
Non è mai stato particolarmente benevolo con l’Italia l’Economist,
non solo quando in una delle sue copertine degli anni ’90 descrisse
Silvio Berlusconi «unfit» — inadatto, incapace — di guidare il governo
del Paese.
Poco prima della crisi dell’euro del 2011, un rapporto speciale del
settimanale britannico descrisse alla perfezione sia i molti problemi
reali e sia i pregiudizi diffusi all’estero che avrebbero alimentato un
vero e proprio terremoto sul nostro debito pubblico e una drammatica
stagione di impoverimento di milioni di persone.
Anche con Matteo Renzi, che da premier si ispirava al modello della Downing Street di Tony Blair, l’Economist fu caustico: lo ritrasse nel 2014 a bordo di una barchetta di carta europea intento a mangiare un gelato mentre affonda,
l’emblema di un ragazzino inconsapevole (Renzi rispose facendosi
fotografare con un carretto da gelataio nel cortile di Palazzo Chigi).
Se questo è lo sguardo tutt’altro che indulgente che l’Economist ha sempre gettato sull’Italia, colpisce ancora di più che nel numero oggi in edicola nomini il nostro «il Paese dell’anno». Non è il confronto con una Gran Bretagna ammaccata da una Brexit confusa, da una gestione a momenti dilettantesca e irresponsabile della pandemia o dall’aver trovato in Boris Johnson un premier con qualche tratto clownesco, ad aver indotto il settimanale londinese a rivalutare l’Italia.
È in primo luogo la natura del premio che,
scrive, «non va al più grande, al più ricco o al più felice» dei Paesi,
«ma a quello che è migliorato di più nel 2021». In passato avevano
vinto la Tunisia per essersi data un governo democratico dopo le
rivoluzioni arabe o l’Uzbekistan per aver abolito la schiavitù.
Quest’anno per l’Economist vince l’Italia (su Samoa, Moldova, Zambia e Lituania) «non per la bravura dei suoi calciatori» che hanno vinto gli Europei sull’Inghilterra ma
perché quest’anno l’Italia è cambiata facendo i conti con un suo
difetto tradizionale: la «weak governance», il sistema di governo debole
«che ha fatto sì che l’Italia fosse nel 2019 più povera che nel
Duemila».
Nel 2021 la differenza l’ha fatta Mario Draghi
, scrive il settimanale. In lui l’Italia «ha acquisito un primo ministro competente e
rispettato internazionalmente». Inoltre «un’ampia maggioranza dei
politici italiani ha seppellito le proprie differenze per sostenere un
programma di riforme complessive che dovrebbero permettere all’Italia di
ottenere i fondi ai quali ha diritto in base ai piano di Recovery
europeo».
Fra i risultati concreti del governo di unità nazionale, il settimanale londinese indica un tasso di vaccinazione superiore alla media europea e una ripresa più rapida (benché dopo una caduta più brusca nel 2020) di quelle di Francia e Germania.
Pages: 1 2