David Sassoli, il giornalista che credeva nella politica e nei valori

di Walter Veltroni

È difficile scrivere di David al passato. Ci conosciamo da decenni e abbiamo vissuto lo stesso tempo della storia. La sua morte, così assurda e ingiusta, ci trova impreparati e ci accartoccia, sembrandoci icona di una stagione plumbea. David era in primo luogo una persona gentile, aperta, incapace di coltivare il sentimento che sembra incarnare lo spirito di questo tempo di caos: l’odio.

Era uomo del dialogo e rispettava sempre chi aveva idee diverse dalle sue. Ma questo atteggiamento non deve essere scambiato solo per la pur non disprezzabile virtù della buona educazione, che a David non difettava. Sassoli era aperto al dialogo perché aveva dentro di sé un sistema di valori forte. Per questo, proprio per questo, sapeva dialogare. La sua formazione affonda in una radice profonda della vita culturale e politica di questo Paese: il cattolicesimo democratico. Quello di Dossetti, di La Pira, di Mazzolari, di Scoppola e di tanti altri, politici e non. Un intreccio di valori etici e spirituali coniugati con la tensione al dispiegamento della libertà dell’uomo e alla permanente ansia di giustizia sociale.

David sentiva inaccettabile la violazione dei diritti della persona, fosse un immigrato al quale si rifiutava accoglienza o una persona minacciata per le sue scelte religiose, politiche, sessuali. L’Europa nella quale ha creduto, della quale ha più volte richiamato lo spirito originario, quello di Ventotene, gli piaceva esattamente perché era la culla di quei valori, conquistati a fatica: la libertà di pensiero e di mercato e la multiculturalità, i diritti e il pluralismo. Ha presieduto, assai bene, il Parlamento europeo perché si vedeva che credeva in quella istituzione, in quell’utopia realizzata.

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