Covid, Abrignani: «Picco a gennaio, per i vaccinati sarà come l’influenza»
di Margherita De Bac
L’immunologo Sergio Abrignani: «Omicron non è come il raffreddore, il raffreddore non uccide. La nuova normalità? Alcuni Paesi ci stanno pensando, in Italia bisogna domandarsi se siamo pronti ad accettare altri morti»
Il Covid diventerà leggero come un raffreddore?
«Non scherziamo. Il virus del raffreddore non uccide», respinge l’accostamento Sergio Abrignani, immunologo dell’università Statale di Milano (leggi qui un’opinione diversa).
Allora diventerà un’infezione simile all’influenza?
«Questo è probabile però dobbiamo distinguere tra vaccinati e non
vaccinati. Solo per i primi essere contagiati dal Sars-CoV-2 potrebbe
essere come prendere l’influenza che
infetta ogni inverno milioni di persone, è letale in circa lo 0,1% (1
per 1.000) dei casi ed è pericolosa sopratutto per gli ultra 70enni con
patologie croniche importanti».
Chi all’inizio della pandemia, nel gennaio 2020, paragonava il Covid all’influenza si è dovuto rimangiare le sue affermazioni.
Non teme che possa succedere anche a lei azzardando il paragone?
«No, i
numeri parlano. Fino alla primavera del 2021, prima dell’uso estensivo
dei vaccini, il Covid in Italia era letale nel 2-3% dei casi,
avevamo al picco ogni giorno 30-40 mila infezioni e 700-900 morti .
Oggi 12 gennaio, con circa il 94% della popolazione ultra60enne
vaccinata con almeno due dosi e molti con tre, e con la variante Omicron
che ha preso il sopravvento, la media settimanale è di 172.500 casi e
216 morti al giorno, quindi una letalita dello 0,12% ».
La
Lombardia e altre Regioni
vorrebbero cambiare il sistema di conteggio dei dati
separando
i pazienti ricoverati per Covid da quelli ricoverati per altre
patologie che poi risultano positivi, un terzo del totale. È d’accordo?
«Non mi pronuncio perché non so quanto sia semplice cambiare i
codici dei ricoveri. So però che l’impatto del numero dei malati Covid
in area medica con una modalità di conteggio diversa si ridurrebbero del
30%. I passaggi di colore di una Regione dipendono dalla percentuale dei posti occupati da questi pazienti qui e in terapia intensiva».
I pazienti infettati da Omicron, oltre
che meno gravi, se vaccinati, vengono dimessi prima rispetto ai
contagiati dalla variante Delta?
«Come numero assoluto i pazienti colpiti da Omicron
sono tanti di più perché questo virus è molto, molto più trasmissibile
di Delta, ma sembrerebbe che sia causa di una malattia meno aggressiva.
Non possiamo dare la risposta definiva in quanto i dati sono preliminari
(leggi qui l’intervista al virologo Palù)».
Si sta facendo largo tra gli scienziati
occidentali un ripensamento sulla politica di contenimento. Al
presidente Usa Biden viene suggerita una strategia nuova, orientata a
condurre una vita normale col virus anziché tentare di spazzarlo via.
«Anche Spagna, Portogallo e la Gran Bretagna stanno andando verso questa direzione. Molti Paesi, chi più chi meno, stanno razionalizzando la possibilità di un ritorno a una nuova normalità di vita con
meno restrizioni e un certo numero “accettabile” di morti. Siamo pronti
in Italia, dopo il picco atteso per fine gennaio (quando la curva dei
contagi dovrebbe scendere), a tollerare 3-4mila decessi per Covid al
mese per 4-5 mesi l’anno in cambio di una vita di nuovo “normale”?».
Israele sta vaccinando con la quarta dose tutti gli ultra 60enni e alcuni parlano di un richiamo vaccinale ripetuto ogni pochi mesi, che ne pensa?
«Sulla
base delle conoscenze immunologiche scaturite dallo studio in 50 anni
dei moderni vaccini, non ha molto senso ripetere una quarta dose a 2-3
mesi dalla terza con un preparato non aggiornato. Anzi, le immunizzazioni ripetute in tempi ravvicinati a volte producono lo spegnimento della risposta immunitaria. Vediamo i dati di Israele, quando arriveranno, e poi decidiamo. Diverso
sarebbe fare una quarta dose di vaccino disegnato contro la variante
Omicron. Sarebbe agire come per l’antinfluenzale: lo cambiamo ogni
inverno e non si parla di terze o quarte dosi ma di nuovo vaccino».
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