Ci sono due Cacciari: dell’inizio e della cosa ultima
Che Massimo Cacciari sia uno dei più importanti filosofi italiani, una delle nostre più brillanti intelligenze, non vi sono dubbi. Come non ho mai dubitato, neppure per un attimo, che potesse non vaccinarsi. Ieri, in fila per la terza dose, ha salutato le telecamere con il pollicione in evidenza e dichiarato: “Alle leggi si obbedisce. Socrate insegna. Chi può, vada a vaccinarsi”.
Be’, Socrate insegna anche tante altre cose, soprattutto ad ascoltare. Le ospitate televisive, che non si prestano al ragionamento filosofico, insegnano invece a parlare tanto, forse troppo. E, parlando troppo, si può anche finire fuori strada, in quella terra di nessuno dov’è possibile incontrare scontenti e rivoltosi e, talvolta, alimentarne la rabbia. La costante riflessione filosofico-politica di Cacciari, però, non poteva impedirgli di prendere posizione sulla continua emergenza del Paese, sui rinnovati provvedimenti che, in qualche modo, lo bloccavano, facendo del Covid l’unico tema su cui discutere e (non) vivere. Si è trovato anche in compagnia, lungo la strada, di chi ha avuto il torto imperdonabile di evocare Auschwitz, Hitler, stato d’eccezione, di ricorrere a metafore infelici, mentre i morti venivano seppelliti a migliaia, medici e infermieri tentavano di salvare vite e molti di loro perdevano la propria.
Ci sono due Cacciari, potrei dire, citando due dei suoi libri migliori, editi da Adelphi: “Dell’inizio” e “Della cosa ultima”. Il filosofo dell’inizio ha commesso diversi errori di comunicazione, pur avendo legittimamente segnalato alcune forzature, quella torsione volontaria di chi è stato chiamato, e continua a essere chiamato, a decisioni impopolari ma necessarie e inevitabili. Il filosofo della cosa ultima, al contrario, ha dato dimostrazione di intelligenza, facendo l’unica cosa che l’intelligenza detta: vaccinarsi e invitare a vaccinarsi.
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