Il Cavaliere non è votabile, ora sul Colle vada il premier

E il vero scandalo è che glielo consentono anche gli avversari. Letta e Conte, a questo punto, farebbero bene a compiere l’unica scelta che potrebbe almeno salvare il salvabile: candidare al Colle proprio Draghi, come non hanno ancora avuto il coraggio di fare e nonostante i problemi che questo creerebbe sull’esecutivo, scaricando sulla destra la drammatica responsabilità di dire no alla risorsa migliore di cui l’Italia dispone. Pd e Cinque Stelle non possono limitarsi a ripetere che la candidatura di Berlusconi è “divisiva”. Il punto non è questo. Negli annali della Repubblica ci sono stati diversi presidenti “divisivi”, perché di “parte”. Ma è la funzione che sviluppa l’organo. L’ha detto nei suoi auguri di fine d’anno Sergio Mattarella, un Capo dello Stato esemplare che salvo sorprese rimpiangeremo: chi entra al Quirinale e serve le istituzioni ha il dovere supremo di garantire tutti, dismettendo gli abiti della propria appartenenza passata e presente. Questo nobile processo di spersonalizzazione, in teoria, potrebbe azzardarsi a compierlo persino il Cavaliere, ansioso com’è di veder risarcita dalla Storia la sua titanica avventura politica. Ma qui ha ragione Pierluigi Bersani, quando sostiene che la Presidenza della Repubblica non è “un Oscar alla carriera”. Il punto vero, come ha scritto sul nostro giornale Montesquieu, non riguarda la legalità formale e la legittimità politica della candidatura, ma la sua compatibilità costituzionale, che riflette la somma ideale tra gli articoli 49, 54 e 87 della Carta del 1948: “Rappresentanza, difesa della Costituzione, unità nazionale, terzietà, equidistanza tra le posizioni politiche, reputazione internazionale”.

Con tutta la simpatia umana e personale, Berlusconi non è “figura adatta” rispetto ad alcuno di questi valori e di questi principi. È tempo di dirlo chiaro e forte. Prima di tutto a lui, che da combattente irriducibile quale è si prepara alla sua ultima battaglia con la solita volontà di potenza: caro Cavaliere, è meglio un giorno da scoiattolo che altri sette anni da caimano. E poi a tutti quelli che, nel Palazzo e nel Paese, ridono e dimenticano: cari italiani, ricordatevi chi siamo e da dove veniamo. È la lezione di Milan Kundera, e del suo grande romanzo: “La lotta dell’uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio”.

LA STAMPA

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