Condividere un Presidente e salvare la legislatura, l’unica via d’uscita possibile
Federico Geremicca
Un passo avanti ed uno indietro. Una svolta a destra e un’altra a sinistra. Spostamenti verso l’alto e poi verso il basso. E il risultato, a fine giornata, è sempre lo stesso: si è dove si era prima. Sì, l’autocandidatura a Presidente di Silvio Berlusconi sembra incamminarsi verso un imbarazzante tramonto: ma terrà comunque in ostaggio la cittadella politica per ancora qualche giorno. E soprattutto, tolto dal campo questo impiccio, sullo sfondo non si intravede uno straccio di soluzione.
La situazione è così confusa che più ancora che ad un labirinto fa pensare – ormai – al vecchio gioco dello Shanghai, dove se tocchi il bastoncino sbagliato perdi, e magari fai crollare tutto. Sono necessarie prudenza e pazienza. E allora: nel vecchio gioco del Quirinale – cioè nella partita in corso – da dove partire e qual è il bastoncino da non toccare?
Dopo troppe settimane passate a giocare con i nomi dei possibili presidenti, si è finalmente inteso che quella strada – con ognuno a insistere sul “suo” presidente: patriota, europeista, senza tessera del Pd… – non avrebbe portato da nessuna parte. Stavolta, infatti, il nome del Capo dello Stato va necessariamente calato in un contesto ampio, e non semplice da costruire. La novità è che le forze politiche sembrerebbero aver finalmente individuato il punto di partenza, la premessa, il bastoncino – insomma – da non toccare: che è la tenuta della legislatura e quindi del governo. Di questo o – più improbabilmente – di un altro governo.
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