Quirinale, il vero kingmaker è il caos

Ed è questa la sostanza del dubbio del Cavaliere: “Chi dà le carte se Berlusconi cade in Aula?”. I più colti argomentano pure che, noi perfidi cronisti, la stiamo facendo troppo facile con questo gioco a somma zero su Berlusconi: anche Fanfani, sei volte presidente del Consiglio, cinque volte presidente del Senato, due volte segretario della Dc, undici volte ministro, detto “il rieccolo” quattrocento e passa voti al Quirinale non li ha mai presi, e ci ha provato più di una volta, tra un incarico e l’altro. Perché Berlusconi non può essere, anche da sconfitto, colui che, rieccolo, fa il nome giusto? Il kingmaker, parola tra le più abusate in questo Quirinale 2022.

E ci risiamo, tra “un piano a” traballante e più “piani b” confliggenti. In cui sono tutti aspiranti kingmaker della quarta votazione, non riuscendoci alla prima, alla seconda e alla terza. Salvini che vuole giocare la carta di un altro nome di centrodestra, Gianni Letta aspetta tutti al varco per Draghi. È quello il momento in cui il calcio berlusconiano rischia quello che Giancarlo Giorgetti chiama “il contropiede”: “Lì – dice un colonnello salviniano – entrano in campo pure gli altri, cioè i due Letta, Gianni ed Enrico, Giancarlo, la pressione ambientale e può partire l’onda su Draghi”. E infatti Renzi lo ha capito, e chiede i nomi ora, perché il caos di un Parlamento imballato porta a Draghi, opinione piuttosto diffusa nel Palazzo. E il caos, di cui ci sono tutti i presupposti oggi, diventa, per default, il vero kingmaker per cui sembrano lavorare, a loro insaputa, gli aspiranti kingmaker dell’oggi.

Ma la rosa più viene chiesta più appassisce. Raccontano a corte che è ad esempio il petalo della Casellati, da quando girano certe voci, sfiorito agli occhi di Berlusconi. E pure Gianni Letta è marcato a vista: il sole, pur di far diventare tale la sua ombra, piuttosto indica il diavolo. La somiglianza del racconto con quel che accadde un anno fa è impressionante: la politica incapace di trovare una quadra sul governo, ma allora c’era un elemento demiurgico, il capo dello Stato. Qui la crisi investe la scelta del demiurgo.

L’HUFFPOST

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