Quirinale, trattative in stallo. Draghi non si ferma: le preoccupazioni per Covid e Pnrr

di Monica Guerzoni

Continuano i colloqui riservati del presidente del Consiglio a Palazzo Chigi: Draghi è attento a quanto succede nei partiti in vista del voto per scegliere il presidente della Repubblica, perché se la maggioranza dovesse spaccarsi le ripercussioni per il governo sarebbero inevitabili

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Il caro energia, i ristori e il Dpcm con le deroghe al green pass per i negozi. Concentrato sui dossier di governo in vista del Consiglio dei ministri di oggi, Mario Draghi è anche molto attento a quanto succede nei partiti a quattro giorni dal primo voto per il Quirinale. Se la maggioranza dovesse spaccarsi, le ripercussioni sull’esecutivo sarebbero inevitabili e il presidente del Consiglio confida nel senso di responsabilità delle forze politiche e del Parlamento. La pandemia non è finita. E quando il virus allenterà la morsa, l’emergenza economica sarà solo all’inizio.

La prima preoccupazione condivisa con i ministri Franco, Giorgetti e Cingolani, saliti a palazzo Chigi per parlare di bollette e dintorni, è il destino del Pnrr, che Draghi ritiene «un obiettivo fondamentale». Nel 2022 devono arrivare due rate di fondi europei di circa venti miliardi ciascuna e il Paese non può permettersi di fallire il bersaglio, perché rischia di precipitare in una crisi che aprirebbe la strada alla speculazione finanziaria.

Se in questa fase così travagliata e incerta Draghi confida nel senso di responsabilità dei partiti è perché ritiene di non avere alcun margine di manovra. Fino a lunedì, quando a Montecitorio si terrà la prima votazione, ha imposto ai collaboratori «la consegna della riservatezza». Ma certo non si può pensare che, dietro formule come «bocche cucite a palazzo Chigi», Draghi sia davvero immobile e imperturbabile come una sfinge. Nelle stanze della presidenza del Consiglio c’è un livello riservato di colloqui e c’è un’attenzione crescente alle dichiarazioni dei leader, le cui scelte potrebbero terremotare il governo.

Il dilemma non è solo cosa farà Berlusconi e, di conseguenza, come si muoveranno Salvini e Meloni. La questione forse più delicata è se ci sia o no un «anatema» di Conte su Draghi. E quanto sia forte, nei gruppi del M5S, la suggestione di «congelare» il quadro attuale. È la soluzione più facile e il pressing su Mattarella resta forte da più parti, ma il capo dello Stato uscente resta convinto che il doppio mandato sia «un errore». I leader hanno ormai ben chiaro che potrebbero supplicarlo per un bis solo tutti insieme, come ultima scialuppa di salvataggio, se la nave Italia stesse per affondare.

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