Il risiko del dopo Draghi
Del primo si fida moltissimo il premier, ma non si fidano abbastanza i partiti. Il secondo – ora ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti – è sostenuto dal Pd. Il che non basta per essere scelto. Ha destato sospetti, ieri, l’arrivo a Palazzo Chigi della responsabile del Dis Elisabetta Belloni anche se, commenta un ministro: «Che un capo dei servizi segreti diventi premier è roba da Egitto, è stato così per al-Sisi!».
Potrebbe invece accadere, come nel passaggio tra il Conte 2 e il governo Draghi, che le caselle più delicate – Interni, Difesa, Esteri ed Economia – non vengano toccate in nome della continuità, almeno così spera chi le ricopre. Ma non è affatto detto, se è vero che la Lega pretende il Viminale, dove Matteo Salvini vorrebbe andare (o mandare al suo posto Nicola Molteni). Il leader della Lega ha ripetuto ancora tre giorni fa il suo cahier de doléances contro l’operato di Luciana Lamorgese. Ma la verità è che – ai tempi del Conte 1 – avere a disposizione la macchina del ministero dell’Interno gli aveva consentito un incredibile salto in avanti nei sondaggi e che difficilmente questa volta accetterà di lasciarsi sfuggire l’occasione, se davvero dovrà capitolare sul nome di Draghi.
«È una provocazione», dicono al Nazareno. Enrico Letta, che fu premier ai tempi dell’operazione Mare Nostrum, quando l’Italia andava a salvare i migranti in mare, non può davvero cedere davanti a una richiesta del genere. Per i 5 stelle invece non ci sarebbe alcun problema. Almeno per la parte più a destra del Movimento, che non ha avuto problemi a siglare i primi decreti sicurezza e che anzi ha contribuito con l’articolo sul sequestro delle navi delle Ong.
Gli altri elementi importanti – in questo dream team che è il non detto dei fitti dialoghi di questi giorni – sarebbero l’ingresso del coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani nel governo, a sostituire una pattuglia considerata più vicina a Draghi che a Berlusconi (Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna, Renato Brunetta); la sostituzione di Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, con qualcuno più fedele ai 5 stelle delle origini (nonostante il suo nome sia stato fatto per primo da Beppe Grillo, che lo sente regolarmente). L’arrivo di una donna dem, obiettivo che l’ex segretario pd Nicola Zingaretti aveva mancato. Ma davanti al nome di Paola De Micheli, di ritorno ai Trasporti al posto di Giovannini, nel Pd più d’uno storce il naso: «Letta non l’ha messa nemmeno in segreteria!». Ci sono forze nuove da mettere in campo, se serve. Almeno così assicura chi se ne occupa. Quel che è certo, è che l’assemblea M5S di ieri notte ha di nuovo riaperto i giochi: il capogruppo Davide Crippa ha detto che tutte le opzioni sono in campo. Dell’ex viceministro Buffagni si è detto. Altri hanno seguito. Il fronte contro Draghi al Colle, nel Movimento, si sgretola ogni giorno di più.
LA STAMPA
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