Casini dice no a Palazzo Chigi. Draghi teme i veti dentro Pd e 5S
ILARIO LOMBARDO
Ora che Silvio Berlusconi ha definitivamente ritirato la sua candidatura per il Quirinale, lasciando il centrodestra a un passo dal disfacimento, le preoccupazioni di Palazzo Chigi sembrano tutte concentrarsi sull’altro fronte. Tra i giallorossi, dove ogni teorema politico deve fare i conti con l’ansia dei parlamentari.
Il passo indietro, tanto atteso, del leader di Forza Italia, non basta a facilitare il percorso. Certo aiuta, ma la percezione di caos che si avvertiva ieri è stata moltiplicata dalle reazioni all’annuncio di Berlusconi. Se anche il Pd e il M5S dovessero saldare il proprio no sul nome di Mario Draghi, in nome della continuità del governo e della legislatura, cercando, con la complicità di Matteo Salvini, un profilo alternativo al premier, le cose si metterebbero davvero male. Per questo serve, il prima possibile, una garanzia da offrire agli eletti, una prospettiva di sopravvivenza della legislatura. La prima mossa è stata compiuta nelle ultime 24 ore. Dal Pd hanno sondato la disponibilità di Pier Ferdinando Casini a vestire i panni del premier, ma da quanto risulta l’ex presidente della Camera ha già rifiutato. Troppo forte la tentazione del Quirinale, ed è una partita che Casini vuole giocarsi fino in fondo.
In queste ore, i collaboratori di Draghi stanno cercando di capire quali candidature credibili restano in piedi, dove si sposteranno i partiti, quanto sono divisi al loro interno e quanto i veti che sembrano accumularsi possano rivelarsi fatali per la candidatura al Colle del presidente del Consiglio.
Gli aggiornamenti che ricevono quotidianamente riportano i nomi e i cognomi di chi sta lavorando per il trasloco di Draghi al Quirinale e chi invece, anche all’interno della stessa forza politica, sta facendo di tutto per lasciare il premier al suo posto. A Palazzo Chigi, per esempio, non sono rimasti troppo sorpresi dalle notizie sull’attivismo di Dario Franceschini. Il ministro della Cultura del Pd, eterno candidato alla presidenza della Repubblica, è convintamente contrario al trasloco dell’ex presidente della Bce. E sta provando a renderglielo impossibile. Tra gli eletti del M5S e della Lega sono diverse le fonti che possono testimoniare di aver ricevuto una telefonata da un collega iscritto alla corrente di Franceschini che con toni allarmati suggerisce di tenere il governo in piedi così com’è: «Se votiamo Draghi invece non sapremo cosa succederà», è la sintesi riportata dai parlamentari.
Pages: 1 2