Casini dice no a Palazzo Chigi. Draghi teme i veti dentro Pd e 5S
Fare leva sul terrore che deputati e senatori, soprattutto nel ventre molle dei grillini e di Forza Italia, hanno di una crisi di governo senza soluzione, però non basta. Serve anche un nome spendibile da opporre alla candidatura di Draghi. Un nome «di alto profilo», continuano a ripetere Matteo Salvini e Giuseppe Conte, che sia ampiamente sostenuto dai partiti. Ieri i leader si sono sentiti. Dopo il comunicato di Berlusconi e il vertice di centrodestra il leghista ha chiamato euforico il presidente del M5S. Entrambi, a questo punto, intravedono una chance e vogliono provare e convergere su qualcun altro. Il problema è chi. Il segretario del Pd, Enrico Letta, ha presentato a Salvini una rosa di nomi. Molti sono invotabili per la Lega e a Salvini hanno fatto venire il sospetto che in realtà servano solo a coprire la carta Draghi.
Tra tutti, due nomi sembrano impensierire di più il premier. L’ex capo del governo e giudice della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, e Casini, che da giorni oscilla tra la candidatura al Colle e quella a Palazzo Chigi, entrambe ideate nei colloqui tra il leader di Italia Viva Matteo Renzi e il Pd. Poi ci sarebbe Gianni Letta, il braccio destro delle tante vite politiche di Berlusconi che ha lavorato per portare Draghi al Colle. Sono ipotesi, al momento. Suggestioni, che un partito propone e l’altro boccia. Ma sono anche quelle che più sembrano resistere al tritacarne dei totonomi.
In questo clima di sospensione delle certezze, lo staff del premier lavora all’unica soluzione possibile. Cercare quale sia la formula del governo che sopravviverebbe alla guida di Draghi, e chi sarà colui o colei che ne prenderà il posto. Se Casini cambiasse idea, per esempio, da premier darebbe uno spessore ancora più politico all’esecutivo, diluendo la quota dei tecnici. Resterebbe da capire cosa farà Salvini, se la Lega rimarrebbe dentro o meno. Arrivati a questo punto, i giorni per trovare uno schema diverso o un altro presidente del Consiglio che metta d’accordo una maggioranza sono davvero pochi. Domani si vota. Giovedì i grandi elettori necessari scenderanno a 505. Sono altri tre giorni di trattative. Per Draghi, una speranza in più. Per chi lo vuole tenere a Palazzo Chigi, anche.
LA STAMPA
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