Draghi e i timori di una crisi. Il premier pensa sia tattica, ma c’è il rischio che la Lega rompa a giugno

Ilario Lombardo

Giugno. Se si interrogano i ministri del Pd e del M5S la risposta di tutti è più o meno la stessa. Quello è il mese segnato in rosso. Quando, cioè, prevedono che la Lega potrebbe rompere e liberarsi dei vincoli di governo per tuffarsi nella campagna elettorale. Lo strappo di ieri era atteso, prima o poi, dagli alleati e a Palazzo Chigi. Forse non così presto, però. Non tre giorni dopo la riconferma di Sergio Mattarella al Quirinale e alla vigilia del giuramento alla Camera del presidente della Repubblica.

Ma l’agitazione di Matteo Salvini era sotto gli occhi di tutti. «Romperà, vedrai» è la frase che anche Mario Draghi si sente ripetere da giorni dai suoi interlocutori politici. Il presidente del Consiglio è rimasto stupito dalla defezione dei ministri leghisti in Cdm, anche perché è avvenuta nel giorno in cui il governo annunciava la volontà di riaprire il Paese, proprio a partire dai ragazzi. Durante il confronto con Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega e capodelegazione, Draghi ha espresso tutte le sue perplessità per le accuse di aver avvallato una discriminazione tra bambini vaccinati in presenza e non vaccinati in Dad. Davanti ai ministri invece ha sintetizzato così il suo giudizio, senza trascinare oltre le polemiche: «Capiamo il punto, ma questa è la decisione giusta».

Il premier deve muoversi tra i cocci dei partiti, nelle lacerazioni balcaniche delle coalizioni e dei partiti. Con un rischio: che nessuna scelta sarà più neutrale. Perché nei prossimi mesi verrà ammantata di un valore politico. A Draghi è chiaro cosa sta succedendo. Salvini è uscito malconcio dalle trattative del Quirinale, sottoposto a un processo nel centrodestra e dentro la Lega. La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni minaccia di salire ancora di più nei sondaggi e di lasciare nella polvere dei rimpianti sovranisti l’alleato. Il posizionamento del segretario del Carroccio, secondo la lettura che ne dà Draghi, è tattico, serve a coprire i clamorosi inciampi avuti sul presidente della Repubblica e a non lasciare totalmente la ragione sociale dell’opposizione a Fdi.

La Lega potrebbe, però, essere solo all’inizio della sua campagna. Il Consiglio federale del partito ha consegnato a Salvini il mandato di non retrocedere anche su altri temi: energia, scostamento di bilancio, tasse. Ecco perché nelle prossime ore il premier intende accogliere la richiesta di un incontro avanzata dal segretario, un minuto dopo l’elezione di Mattarella. Quasi sicuramente parleranno di rimpasto. L’ex banchiere ha la necessità di capire se pragmatismo e mediazione basteranno a placare il leghista ferito. Diversamente, Draghi potrebbe non riuscire a tenere compatto il governo per affrontare riforme politicamente molto più complicate come quelle delle pensioni e del fisco.

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