Gianrico Carofiglio: “Bisogna rifondare la cultura politica, i leader non guardano oltre i tweet”
Francesca Schianchi
Come nei tribunali campeggia la scritta «La giustizia è uguale per tutti», così su tutte le sedi di partito Gianrico Carofiglio vorrebbe vedere scolpita la massima del premio Nobel Richard Feynman: «L’incertezza è il prerequisito per la verità e per la moralità». Scrittore di successo, ex magistrato, una «incursione nella politica praticata» da senatore del Pd tra il 2008 e il 2013, Carofiglio ha pensato spesso a questa frase la settimana scorsa, nel pieno della battaglia per il Quirinale, tra pronostici e dichiarazioni roboanti puntualmente disattese. Chiusa la partita, il suo giudizio è duplice, a seconda che si valuti il risultato o il metodo attraverso cui ci si è arrivati.
Partiamo dal risultato: Sergio Mattarella di nuovo al Quirinale e Mario Draghi ancora al governo.
«È il risultato migliore che si potesse desiderare».
Ci si è arrivati dopo aver bruciato varie candidature, il
centrodestra è deflagrato, nel M5S si è aperta una dura resa dei conti…
«Non
era necessaria questa vicenda per certificare la grave crisi politica
in atto, intesa come incapacità di mediazione e scarso senso di
responsabilità».
È stato un fallimento della politica?
«No, perché
il risultato finale è comunque positivo. Ma c’è bisogno di rifondare la
cultura politica, indipendentemente dalle appartenenze. Abbiamo visto
leader di partito impegnati in movimenti scomposti, incapaci di guardare
oltre l’orizzonte di un tweet, intrappolati in un presentismo
ossessivo».
A chi pensa? A Matteo Salvini, che aveva il boccino della trattativa?
«Il
mio giudizio su Salvini è estremamente critico, ma non mi piace nemmeno
infierire. Chi si stupisce per quanto ha giocato male questa partita lo
fa perché aveva fatto l’errore di attribuirgli doti da stratega in
passato».
Il centrodestra esce a pezzi da questa partita, con la Meloni che però i sondaggi danno in salita.
«Meloni
ha dimostrato di avere attitudine al comando. Ma io mi auguro che i
politici laici con inclinazione liberale che sono nel centro destra si
ricompongano in una forza moderata, che sarebbe un interlocutore più che
rispettabile della sinistra. La quale però, intanto, deve rispondere a
un paio di domande fondamentali».
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