Un piede dentro il governo e uno fuori, ora il M5S segue la strategia della Lega
Annalisa Cuzzocrea
«Il carobollette sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese, come possiamo dire di no a risorse aggiuntive?». Giuseppe Conte è andato a Palazzo Chigi a chiedere più fondi, ristori, in pratica un nuovo scostamento di bilancio cui secondo l’ex premier è inevitabile arrivare. «Anche se per ora – ammette – qualcosa si può recuperare a quadro invariato». Il presidente del Consiglio la pensa diversamente: «Caro Giuseppe, non ci sono i margini. E ora come ora neanche i presupposti».
Se c’è una cosa che Mario Draghi ha capito, in queste settimane tormentate dall’elezione del presidente della Repubblica, è che Lega e Movimento 5 stelle hanno in comune molto di più che un passato al governo insieme. Condividono una strategia che già ieri, al premier, è apparsa chiarissima: staranno con un piede dentro e uno fuori dall’esecutivo. Sosterranno le misure che riterranno convenienti al loro consenso elettorale, prenderanno le distanze da quelle più divisive.
Non è stato solo Conte infatti a chiedere un incontro a Palazzo Chigi questa settimana. Draghi doveva vedere anche Matteo Salvini, fermato dal Covid sulla soglia di Montecitorio nel giorno del giuramento di Sergio Mattarella. I due leader vogliono apparire, più di ogni altro, coloro che “pungolano” il governo sulle urgenze del Paese: a partire da quella energetica.
Non si tratta solo di conti. Nuove frizioni potrebbero arrivare già nel confronto sulla riforma del Consiglio superiore della magistratura, ormai ineludibile non solo perché è una delle condizioni legate ai prestiti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma anche perché è stato lo stesso capo dello Stato – nel suo discorso ai grandi elettori – a ricordarne il ritardo. Su questo, Conte continua a ripetere uno slogan già noto: «No alle porte girevoli tra politica e magistratura». Da qui a capire come sarà declinato, passeranno giorni, tavoli, incontri. Probabili litigi. Tutto però, nel faccia a faccia di ieri tra il leader del Movimento e Draghi, sembra svolgersi alla luce della competizione scoppiata all’interno dei 5 stelle. Conte vuole dimostrare che è con lui che il premier deve parlare, non con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Ma è un fatto che a Palazzo Chigi il capo della Farnesina sia considerato come l’esponente del Movimento che risolve i problemi, mentre il contiano Stefano Patuanelli – ministro dell’Agricoltura e capo delegazione – è ormai guardato con maggiore diffidenza. Fa parte di una cabina di regia che il presidente del Consiglio sostiene di non voler assolutamente cambiare, ma non ha – con Draghi – lo stesso rapporto di fiducia di Di Maio.
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