Draghi frena i leader dei partiti e respinge l’assalto ai conti
Alessandro Barbera
Ai leader che uno ad uno sfilano da Palazzo Chigi per chiedergli nuove spese – l’ultimo ieri Giuseppe Conte – Mario Draghi risponde a tutti con la stessa formula: «Il contesto è cambiato». Quest’anno l’Italia non può permettersi di aumentare la spesa oltre i limiti già fissati con l’Europa. I fatti accumulati nell’ultima settimana non lasciano spazio alla fantasia.
Il primo: l’inflazione a gennaio è volata al 4,8 per cento. E fin qui, nessuna sorpresa: i prezzi dell’energia sono quattro volte quelli di due anni fa, e secondo le previsioni resteranno tali per tutto l’anno. Il secondo, meno scontato: giovedì scorso la numero uno della Banca centrale europea Christine Lagarde ha fatto capire che Francoforte non solo ridurrà drasticamente gli acquisti di titoli pubblici, ma potrebbe decidere un aumento dei tassi prima di dicembre. La sola ipotesi ha fatto balzare il differenziale fra titoli italiani e tedeschi sopra i 150 punti base. Da ieri, per vendere un Buono del tesoro decennale il Tesoro deve pagare l’1,72 per cento di interessi: non accadeva da due anni. E infine c’è una terza ragione che costringe Draghi alla prudenza: la trattativa sulla riforma del Patto di stabilità.
Draghi ed Emmanuel Macron hanno un accordo: presentarsi al Consiglio europeo straordinario di marzo con una proposta comune. L’ambizione del premier sarebbe quella di trovare un’intesa a tre con Berlino, ma la faccenda è piuttosto complicata. Ieri il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner era a Roma per incontrare il collega Daniele Franco. I due si sono chiusi in una stanza per più di due ore a discutere le ipotesi messe sul tavolo dai consiglieri economici di Palazzo Chigi ed Eliseo. Il confronto si può sintetizzare così: la Germania è disponibile a discutere di maggiore flessibilità di bilancio sulle spese per investimenti e nella transizione ecologica e digitale, molto meno dell’ipotesi di istituire un’agenzia alla quale affidare il debito accumulato negli anni del Covid. Secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche, al momento le probabilità che Roma, Berlino e Parigi si presentino al Consiglio straordinario di marzo già con una proposta condivisa sono molto basse. Per tutte queste ragioni Draghi, dopo aver avallato una costosissima manovra finanziaria da trenta miliardi, ora deve stringere la cinghia della spesa.
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