Draghi frena i leader dei partiti e respinge l’assalto ai conti
L’ultima nota di aggiornamento dei conti pubblici dice che l’Italia quest’anno può ancora finanziare spese in deficit per il 5,6 per cento. Nella conversazione di ieri con Franco, Lindner ha fatto velatamente notare che l’Italia di qui al 2026 può contare anche sui fondi del Recovery Plan. Per comprendere come la vedono a Berlino, basti dire che il piano vale per l’Italia sei volte quello tedesco.
Altra spesa non se ne potrà fare, persino se il debito dovesse scendere più di quanto stimato. Poiché la crescita del 2021 è stata superiore al previsto, è probabile che ciò accada: l’anno scorso l’iceberg aveva raggiunto il 153,5 per cento della ricchezza prodotta, nel 2022 è fissato al 148,8. Pochi giorni fa, in un incontro con Matteo Salvini, Franco ha preso l’impegno ad un nuovo decreto per calmierare il prezzo dell’energia, ma non ha detto come. Salvini aveva chiesto altri trenta miliardi, il ministro sarà in grado di metterne insieme fra i tre e i cinque. Franco ha già chiesto ai tecnici di pescare fra i fondi non spesi, di studiare nuove cartolarizzazioni degli oneri in bolletta, ma conta soprattutto sulla tassa per gli extraprofitti delle aziende energetiche. I partiti, messi sotto pressione dalla lobby del settore, non insistono perché la tassa venga introdotta. Finora hanno sperato che Draghi cedesse alla richiesta di nuova spesa, evitando il peggio ai giganti dell’energia. Ora per ottenere misure a favore delle famiglie, Pd, Lega, Forza Italia e Cinque Stelle dovranno accettare il compromesso. Per il governo delle larghe intese, abituato fin qui a risolvere le differenze spendendo di più, restare senza margini di spesa è un cambiamento che potrebbe provocare tensioni. Soprattutto nell’ultimo anno di legislatura, e nel mezzo di un turno di elezioni locali.
LA STAMPA
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