Una media del 58% di share, è il Sanremo più riuscito dai tempi di Mike Bongiorno
E così anche la seconda serata si conferma un boom, pure su quei giovani che hanno assistito alla prima. Con il 55,8% e 11,3 mln di telespettatori addirittura cresce rispetto all’esordio, evento rarissimo nella storia degli ascolti del Festival, decretandone il definitivo successo. Una percentuale che non si vedeva nella seconda serata dal 1995 di Pippo Baudo, che si assesterà come il Festival più visto nell’era Auditel con i suoi 17 milioni di telespettatori. Insomma sono soddisfazioni per Ama il tuttofare, un padrone di casa consapevole e attento che sa servire i suoi ospiti (da Checco Zalone -altro picco festivaliero con più di 16 milioni di telespettatori- alle giovani Cesarini e Giannetta) ma anche artista capace di mettersi in gioco nello show senza limitarsi al ruolo di conduttore.
Macro cifra anche alla terza puntata; alla quarta si sfonda il 60%, come era già accaduto a Baudo in quel fatidico enorme successo del 1995; la finale sfiora il 65%, e per ritrovarne una con un risultato solo leggermente più alto bisogna risalire al 2000 con Fabio Fazio.
Quindi il pubblico non aspettava altro che di piazzarsi su Raiuno questa settimana? Sentiva la necessità di vedere Morandi, Ranieri e la Zanicchi immischiarsi con Sangiovanni, AKA 7even e RKomi? Forse gli artisti stessi avevano bisogno di mescolare i linguaggi, di passare il testimone ai colleghi più giovani, e questi ultimi di riconoscere i maestri e di coinvolgersi, di immedesimarsi con loro, di rivolgere loro vere e proprie dichiarazioni d’amore, come è accaduto nella serata Cover che, non a caso, prima della finale, è stata la serata di maggior successo. E’ stata lì, alla quarta serata, l’apoteosi di questa dinamica e dell’attrazione di target imberbi. Jovanotti-Morandi, Lauro-Bertè, Irama-Grignani… A loro modo i cantanti hanno cercato un contraltare diverso, qualcuno che potesse condurli su un altro registro, intercettando un vastissimo pubblico. Perché a giustificare le orde di telespettatori adolescenti non basta il fatto che il successo planetario dei Maneskin sia partito da lì, e che la loro luce abbia reso più credibile il Palco dell’Ariston agli occhi dei ragazzini. E non basta nemmeno il, seppur ben riuscito, giochetto del Fantasanremo, che ha contribuito all’audience, ma non sufficiente a rendere ragione di questa larga affezione alle serate della tv generalista.
Lo spettacolo di queste sere ha un valore che va oltre le ricadute mediatiche di un gruppo di nuove rockstar e supera gli indotti di un riuscitissimo social game. La novità dirompente di questo Festival è che gli artisti di Sanremo 2022 hanno saputo farsi decentrare dall’autoreferenzialità, offrendo la loro arte al servizio di un grande spettacolo sotto la guida di un domatore impeccabile e mettendosi in gioco con partner inattesi. E il pubblico dei teenagers a casa, che a sua volta ha bisogno fortemente di decentrarsi dal proprio io pandemico, su quel palco ha osservato che è possibile mescolare i linguaggi, ha intravisto che arricchisce dar credito a chi ha codici espressivi differenti dai tuoi; quel target di giovanissimi è stato testimone del fatto che l’età anagrafica non ti rende necessariamente un matusalemme dentro. E a noialtri un po’ più attempati, trascinati dall’energia di quella ribalta, Sanremo ha fatto il favore di trascinare i nostri figli sul divano accanto a noi, ormai assuefatti a vederli soli con la DAD. E chi l’avrebbe mai detto che, sera dopo sera, sarebbero sbucati dalle loro stanzette proprio per guardare in famiglia, su Raiuno, il Festival della Canzone più longevo della Tv.
L’HUFFPOST
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