A Mosca missione ad alto rischio per Macron: lungo colloquio con Putin
di Angela Mauro
Da metà dicembre, Vladimir Putin ha parlato al telefono con Emmanuel Macron ben 5 volte. Con Olaf Scholz, che si è insediato alla cancelleria tedesca l’8 dicembre scorso, solo 2 volte. Basti questo per trasformare la visita del presidente francese oggi al Cremlino in un evento mediatico, geopolitico, storico. Macron l’ha costruito nei minimi dettagli da mesi per cercare una “de-escalation”, come dice appena arrivato a Mosca, nella crisi ucraina. A due mesi dalle presidenziali, il presidente francese decide di correre un rischio serio: le azioni diplomatiche internazionali non fanno vincere le elezioni, concordano gli osservatori francesi, e anzi possono far perdere punti se non vanno a buon fine.
Mentre scriviamo a tarda sera, il capo dell’Eliseo e il suo omologo russo sono ancora chiusi al Cremlino a parlare. L’incontro è iniziato poco dopo le 16. Seduti al lungo tavolo ovale, lontanissimi l’uno dall’altro e senza strette di mano per via del covid che per Putin è una vera ossessione, Macron e il capo del Cremlino cercano una via d’uscita diplomatica alla crisi. Nelle stesse ore, il capo della diplomazia europea Josep Borrell è a Washington al Consiglio Ue-Usa sull’energia per incrementare l’importazione di gas liquido americano in Europa. “La Russia usa il gas come arma geopolitica”, dice l’Alto rappresentante Ue in conferenza stampa con il segretario di Stato Usa Antoni Blinken che insiste sulla pericolosità della presenza militare russa al confine con l’Ucraina. Questo “è il momento più doloroso per l’Ue dalla guerra fredda”, dice Blinken.
Sull’incontro di Macron a Mosca è altissima la pressione statunitense. La Casa Bianca fa sapere che ieri sera il presidente Joe Biden ha parlato con l’omologo francese proprio in vista del vertice al Cremlino. Negli ultimi mesi, gli Usa hanno incrementato l’esportazione del loro gas liquido (Lng, liquidi natural gas) in Europa, nell’intento di renderla meno dipendente dalle forniture russe che al momento rappresentano ancora il 40 per cento dell’import europeo di gas.
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