Georg Gänswein su Ratzinger: «La lettera? Mirano a distruggerlo, lui ha risposto con Dio negli occhi»



Qual è il filo conduttore del libro?
«L’editore tedesco mi aveva chiesto, non io, di pubblicare dei miei scritti, non c’era un disegno preciso. Però, certo, se si deve cercare un filo, è nello studio e nella riflessione del pensiero di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Già negli ultimi anni da liceale e poi da seminarista, avevo letto l’Introduzione al cristianesimo. E quel filo conduttore teologico è rimasto e si è arricchito: fin dal ‘96, quando mi chiamò alla Congregazione per la Dottrina della fede, mi sono nutrito e mi sto nutrendo alla sua teologia, è ovvio che mi abbia permeato il cuore e la mente, come la pioggia».

Lei come si spiega gli attacchi di queste settimane?
«C’è una corrente che vuole proprio distruggerne la persona e l’operato. Non ha mai amato la sua persona, la sua teologia, il suo Pontificato. E adesso c’è un’occasione ideale di fare i conti, come la ricerca di una damnatio memoriae. Molti purtroppo si lasciano ingannare da questo attacco vile, c’è tanto fango. Una cosa triste».

Ci furono polemiche anche contro di lei, perché una volta parlò di ministero petrino «allargato»…
«La polemica si riferisce alla mia presentazione del libro di Roberto Regoli sul Pontificato di Benedetto XVI alla Gregoriana, nel 2016. Alcune mie osservazioni sono state interpretate in modo erroneo. Ho chiarito subito. Purtroppo ci sono persone che volevano, anzi vogliono strumentalizzare le mie parole per seminare zizzania fra papa Francesco e il suo predecessore. Basta prendere atto del mio chiarimento e si capisce o non si vuole capire… Per evitare qualsiasi fraintendimento, ho tolto quelle frasi dalle pubblicazioni successive».

Hanno contestato a Ratzinger di «non essere credibile» per aver risposto di non essere stato presente alla riunione del 1980.
«L’analisi dei fatti, insieme con la lettera, dà una risposta chiarissima: sì, c’è una piccola squadra di persone qualificate che aiuta Benedetto, c’è stato questo errore e purtroppo nessuno di noi se ne è reso conto. Si è trattato chiaramente di un errore redazionale, non intenzionale, Benedetto ne era molto dispiaciuto. Ma resta il fatto che un errore e una bugia sono due realtà diverse. E la sostanza non cambia. Gli stessi autori del rapporto hanno risposto che non ci sono “prove”. Non possono esserci».

E ora?
«Benedetto XVI spera che si legga la lettera con quella sincerità di intelletto e di cuore con la quale è stata scritta, lo sguardo rivolto al Signore».

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