Renzi erede di Berlusconi: ora la magistratura ha il suo nuovo nemico
Si tratta di visioni e atmosfere in cui la politica, anche nella sua più pigra accezione, è secondaria. D’altra parte, chi mai saprebbe indicare quali sono stati il messaggio, la linea, la cultura politica di Berlusconi e di Renzi se non la proiezione e la riproposizione delle loro personalità? Il fatto che queste ultime oggi coincidano perfettamente su una questione insieme così delicata per tutti, ma per entrambi a tal punto personale e vitale, cancella le differenze ed esalta qualcosa di congenito: lo stesso complicato amore per se stessi; lo stesso rapporto con la realtà e soprattutto con la verità; la stessa attitudine non tanto a difendersi, ma a rilanciare; lo stesso impeto di chi non conosce né paura, né imbarazzo e nemmeno vergogna, mai. Ancora: la stessa prodigiosa capacità di comunicazione che a dirla così sembra una virtù – e per un politico lo è pure – ma che comporta maschere, istrionismi, bugie, solitudini, buchi nell’anima. La stessa, infine, ebbrezza del possesso: uomini, denaro, cose.
Se l’immedesimazione innata, la parentela acquisita o il lascito testamentario sembrano un’esile suggestione o una forzatura, pazienza, può anche essere; e se ne potrebbe chiedere conto a tanti ex comunisti che si spellavano le mani quando il Rottamatore in camicia bianca abrogava l’articolo 18 e raccomandava il modello Coca cola, Nutella, Moncler e altri brand. Ma è difficile negare che senza Berlusconi ci sarebbe stato Renzi.
Baloccandosi con Darwin, egli rappresenta al meglio l’evoluzione della specie, una nuova razza di animali politici. Dal “mi consenta” di quell’adolescente occhialuto al teatrino di Rignano alla dichiarazione di guerra alla magistratura si rivela, con una capriola, la circolarità della storia. “Non faccio Berlusconi” assicura Renzi, là dove, addirittura in una lingua morta, la scusa non richiesta chiama a sé la più evidente delle certezze.
REP.IT
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