“Lo escludo”: la fase tre di Draghi fatta di disincanto e distacco
È evidente il tentativo – il ritorno alla prima – agevolato dal recupero di una “terzietà” anche orgogliosa e anche di una certa libertà di azione e parola. Mica male la botta ai Cinque sul super-bonus: “Chi ora tuona, è chi ha scritto la legge”. Praticamente ha spiegato al partito di maggioranza relativa in Parlamento che la tanto sbandierata rivoluzione è una truffa, che non ha inciso sul Pil dell’edilizia. Ricorda, per durezza, quando disse Salvini che invitare a non vaccinarsi equivaleva inneggiare alla morte. Ma è altrettanto evidente che la riuscita del tentativo di rilancio è legato proprio a come il premier si approccerà al nuovo contesto, radicalmente mutato nei suoi assi portanti. Si sarebbe detto una volta: oggettivamente, e cioè il quadro internazionale, più impegnativo rispetto alle previsioni per un paese ad alto debito pubblico, e quello nazionale, segnato da un nuovo capitolo dello sfarinamento dei partiti. E soggettivamente: come cioè si porrà verso la politica, perché un conto è rimanere fuori dal gorgo degli schieramenti che verranno altro è la funzione di guida politica. Oggi il rigetto, ma il Quirinale ha chiuso, bon gré mal gré, il momento del tecnico “prestato” alla politica, facendo emergere, nel vuoto dei partiti, un grande bisogno di azione politica: obiettivi, spiegazioni, narrazione.
Ecco la sfida, tra turbolenza inflattiva e turbolenza politica. Per intenderci: se al posto della giustizia, ci fosse stata la finanziaria? Il provvedimento è stato varato, ed è già impresa titanica con una maggioranza del genere. E contiene dei punti non banali, dalla fine delle porte girevoli al nuovo sistema elettorale per il Csm. Ma, proprio al momento dell’approvazione, la riforma è stata vissuta come figlia di tutti e di nessuno. Ognuno rivendica un successo per la propria parte, annunciando contemporaneamente modifiche in Parlamento. Sono gli stessi che immaginavano un anno di spesa facile, prima della spirale “aumento delle materie prime-inflazione”. E che voteranno i provvedimenti economici nell’anno della lunga campagna elettorale. Insomma, magari non sarà lacrime e sangue, ma le contraddizioni nella maggioranza sono inevitabilmente destinate ad aumentare. E con esse il tema: se per governare tutto ciò serva il tecnico, o il tecnico dovrà farsi più politico della politica in crisi.
L’HUFFPOST
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