Boss e pusher, chi ha frodato più di 4 miliardi del Superbonus

Il dossier della Guardia di Finanza entra nei dettagli rivelando il contenuto delle denunce — tutte uguali — presentate da decine di cittadini: «Tramite annuncio su Facebook i denuncianti contattavano il consorzio Sgarbi per effettuare lavori nelle proprie abitazioni essendo titolari di porzione di villetta bifamiliare, usufruendo dell’eco bonus 110%. Dopo diversi solleciti da parte dei contribuenti, il titolare del consorzio chiedeva loro di inviare firmato il documento di impegno per la presentazione telematica. Soltanto dopo essere stati convocati presso questo comando scoprivano che, nonostante nessun lavoro fosse mai stato svolto né alcuna fattura presentata, l’Agenzia delle entrate aveva già accettato la cessione del loro credito». Oltre al danno per i truffati c’è stata la beffa: i clienti del consorzio hanno dovuto «sanare» la propria posizione per non apparire come soggetti che avevano hanno già fruito dei bonus.

La bracciante con 80 milioni di euro

In provincia di Foggia c’è un paese dove tutti i residenti sono riusciti a incassare il credito. Stessa fortuna è toccata a svariati gruppi familiari residenti a Roma. È stata un’inchiesta avviata dai magistrati della capitale e condotta con i colleghi pugliesi a far scoprire il meccanismo messo in piedi grazie alla creazione di decine di finte aziende. Il dossier della Finanza svela il sistema: «Sono state individuate due società, gestite dalle medesime persone, che attraverso un meccanismo circolare di fatture false e comunicazioni di cessioni crediti hanno generato operazioni per centinaia di milioni di euro. Sostanzialmente le due società si sono fatturate a vicenda circa 500 milioni di euro ciascuna, in pochi mesi, per anticipi lavori mai effettivamente realizzati. Queste operazioni hanno generato indebiti crediti di imposta, poi monetizzati presso intermediari finanziari e soggetti grandi contribuenti».

I canali erano due: «Cessione dei crediti a persone fisiche compiacenti, perlopiù nullatenenti e tutte residenti nel medesimo paese o facenti parte del medesimo gruppo familiare, che hanno poi incassato il controvalore del credito da un intermediario finanziario. Utilizzo di una società di consulenza con operatività limitata, senza dipendenti e amministrata da un’imprenditrice agricola che, improvvisamente, acquista e rivende a un grosso intermediario finanziario 80 milioni di euro di crediti».

CORRIERE.IT

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