Eutanasia, perché il mio è un sì convinto

Maurizio Costanzo

Non si può che esser contenti che si sia detto “Sì” a un farmaco fine vita per Mario che ha 43 anni e vive una lunga malattia e cerca la morte. Ha detto: «Ce l’ho fatta, sono felice, mi do ancora del tempo, ma potrò decidere io». Pensiamo a Piergiorgio Welby che da ragazzo fu colpito da una distrofia che lo immobilizzò. Sollecitò il diritto all’eutanasia e poi morì dopo che il suo medico lo sedò staccandogli la spina.

Così Giovanni Nuvoli, malato di sclerosi laterale amiotrofica. Chiese, da paralizzato, il distacco del respiratore e morì dopo uno sciopero della fame e della sete. E ancora il dj Fabo che è rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente e morì in Svizzera. La Cassazione sentenziò sul suo caso e aprì il diritto al suicidio anche in Italia.

Sì, io penso proprio che si debba promulgare il diritto alla eutanasia. Sono stato la prima firma al Referendum sulla eutanasia proposto da Marco Cappato per l’Associazione Coscioni.

Ma voglio raccontare una cosa personalissima che risale a quando avevo 17 anni, cioè a molti anni fa. Convinto già allora di quanto fosse necessaria l’eutanasia, scrissi un’improbabile commedia che un editore pubblicò. Si chiamava: “Ho ucciso la morte” e la scrissi sul tavolo di cucina della casa dei miei genitori. Non so perché ero così determinato, ma ho sempre pensato che, in caso di perdurante e non regredente sofferenza, si abbia il diritto di mettere fine alle proprie sofferenze.

In televisione mi occupai a lungo di Eluana Englaro, che dopo un incidente stradale, è rimasta per 17 anni in stato vegetativo. Morì a 39 anni quando la famiglia, dopo una interminabile battaglia che facemmo in televisione, ottenne l’interruzione della nutrizione artificiale.

Adesso aspettiamo gli esiti del Referendum e poi forse, finalmente, l’eutanasia ci sarà.

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