A trent’anni da Mani pulite voterò sì ai referendum (ma non ci credo)

Per tornare alle entusiastiche celebrazioni, qua e là qualcuno ammette che sì, eccessi di custodia cautelare ce ne sono stati, per l’amor del cielo, ma in fondo furono dolorosi effetti collaterali di una medicina che toccava inghiottire. Eppoi riguardava politici, magari innocenti, ma senz’altro colpevoli di aver campato dentro un sistema criminale cui non si erano opposti. La cecità continua a farci sguazzare in sentimenti di vendetta e a impedirci di vedere che le violazioni delle norme finiscono sempre come manganellate sulla testa di tutti. Oggi, nonostante siamo il paese più sicuro d’Europa quanto a reati di sangue, abbiamo il numero più alto di detenuti in attesa di giudizio  (secondo gli ultimi dati, oltre 17 mila, la Germania ne ha 13 mila, il Regno Unito 10 mila, la Spagna 8 mila). Le stime dicono che ogni anno in Italia vengono arrestate almeno duemila persone innocenti, non innocenti secondo Costituzione, ma che si riveleranno tali solo nelle settimane, nei mesi o negli anni successivi. Ora il referendum appena approvato dalla Consulta ha l’obiettivo di annacquare le possibilità delle procure di chiedere la custodia cautelare che, come sapete, si impone in tre casi: 1) pericolo di reiterazione del reato 2) pericolo di fuga 3) pericolo di inquinamento delle prove. Il primo caso viene ridotto, e cioè non si potrà chiedere la carcerazione preventiva se si ritiene che l’indagato possa commettere reati “della stessa specie”.

Ci si è sempre chiesti se i magistrati non debbano rispondere in prima persona dei loro errori, e se il fatto che ancora non ne rispondano non abbia trasformato la loro indipendenza in irresponsabilità. Si fa spesso il caso di Enzo Tortora, vittima di uno dei più meschini e sbalorditivi accanimenti giudiziari, e per il quale nessun magistrato pagò, nemmeno con ripercussioni sulla carriera (l’hanno fatta tutti, la carriera). Se ne potrebbero impilare a migliaia di casi simili, io ricordo un episodio dei miei esordi, di un ragazzo che si fece un anno di custodia cautelare in carcere perché il pm si scordò di verificare il suo alibi. Ma insomma, non la voglio fare troppo lunga. I problemi sono quelli, sempre quelli, da trent’anni e da più di trent’anni e non li si risolve perché a nessuno interessa o conviene risolverli, e perché l’anarchia giudiziaria, gli abusi, l’esercito degli innocenti al gabbio non creano allarme sociale. Ne crea di più un poveraccio di immigrato che dà fuori di testa.

Era inevitabile che una volta o l’altra sarebbero arrivati i referendum, con il loro sbrigativo sì contro no a cercare di mettere una pezza al buco. Però io non ci credo. Non ci credo più. Penso che i magistrati dovrebbero rispondere dei loro errori ma non direttamente, non penso che debbano svolgere il loro delicato e difficile compito con l’ossessione di doverne un giorno rispondere attingendo al conto corrente. Non sono dispiaciuto che la Consulta abbia detto di no. Penso che basterebbe uno Stato serio che intervenisse sulla carriera e sulle retribuzioni dei più incapaci in percentuali superiori al ridicolissimo zero virgola di oggi (oltre il 99 per cento delle questioni si risolve con l’assoluzione nel Csm). Non credo che andrebbe toccata la legge sulla custodia cautelare, che è perfetta così com’è, ma della più perfetta delle leggi si può fare strazio come e quando si vuole: una buona legge è niente senza buoni costumi e i buoni costumi sono niente senza buone leggi, diceva il caro Niccolò Machiavelli. Andrà a finire – vedrete – che il primo mascalzone risparmiato dalla custodia cautelare, nonostante abbia dato una bastonata alla moglie, le darà poi una coltellata, a saremo punto e a capo.

Non ci credo più. Voterò ai referendum e specialmente dei sì ma, a parte forse la separazione delle funzioni, tutto potrebbe già andare per il meglio con le leggi che ci sono, e le leggi che ci saranno non miglioreranno  nulla. Perché migliorino servirebbero altri magistrati, altri giornalisti, altri politici, un’altra opinione pubblica, un’altra cura dell’idea di libertà, non altre leggi. Ringrazierò comunque i radicali, e forse persino i leghisti, di averci provato.

L’HUFFPOST

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