Claudio Descalzi: “Il prezzo del gas destinato a calare, ma non tornerà più quello di prima”

Francesco Spini

L’Italia è alle prese con il caro-energia. E Claudio Descalzi, ad dell’Eni, sa perfettamente che il colosso da lui guidato può essere parte della soluzione: «Siamo disponibili e pronti a investire sul fronte del gas in Italia». Racconta di averne parlato col governo e assicura di avere «capacità di aumentare la produzione». Un’apertura che arriva nel giorno dei conti relativi al 2021, chiusi per l’Eni con utili che sorprendono il mercato, a quota 6,13 miliardi (4,7 miliardi di euro a livello organico), ai massimi dal 2012. «Per noi è stato un anno molto positivo – commenta –. Rispetto a dieci anni fa, quando il petrolio era oltre quota 110 dollari al barile, abbiamo fatto questi numeri con il greggio poco sopra i 70 dollari, grazie alla nostra disciplina soprattutto negli investimenti e nei costi».

Descalzi, partiamo dalle bollette. Quanto durerà questa emergenza?
«L’Italia ha una grossa componente di gas. L’attuale situazione andrà avanti fin quando l’offerta di gas resterà scarsa rispetto alla domanda. Nel 2022 l’andamento dei prezzi procederà in modo non costante, visto che durante l’estate la domanda di gas scende e i prezzi si riducono. La situazione potrà migliorare stabilmente solo quando ci saranno nuovi contributi importanti, il gnl dal Qatar per esempio, o nuovi volumi dai paesi produttori. E quando ci sarà una geopolitica meno nervosa».

Quali prezzi potremo rivedere?
«Al momento vedo difficile una discesa drastica ai livelli del 2019, di certo non si arriverà più a quelli del 2020. Penso che ci sarà una stabilizzazione verso il basso ma sempre con valori più alti di quelli a cui eravamo abituati».

Spingere sulla produzione italiana raffredderà i costi?
«Se inseriamo nel paniere più volumi, il prezzo si abbasserà».

Quanto tempo occorrerà per sfruttare appieno i giacimenti nostrani?
«Per quanto ci riguarda potremmo avere una scaletta di crescita interessante in 2-3 anni, non in sei mesi. Mi spiego: alcune produzioni potrebbero cominciare a entrare fra 6-7 mesi, poi ne entreranno altre per risalire. Il problema è che noi siamo fermi da molto tempo nell’upstream italiano: la ripartenza non è una cosa che si fa schioccando le dita».

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