L’interrogatorio-show dell’imputato Davigo: “Notizie dal Quirinale sulla loggia Ungheria”
Il racconto di Davigo prosegue. «Non voglio dire cosa mi disse Ermini di ritorno dal Quirinale perché non è opportuno coinvolgere la presidenza della Repubblica in questa vicenda già brutta di suo. Ma se mi viene fatta la domanda diretta, rispondo che Ermini mi disse che il presidente gli aveva detto di ringraziarmi per le notizie fornite e che per il momento quelle notizie gli erano sufficienti, che mi avrebbe fatto sapere se fosse servito altro. Del resto mi sembra francamente inverosimile quanto dice Ermini, cioè che il presidente della Repubblica rimane lì come una statua. Se uno gli dice una cosa così, insomma…».
Il pm chiede di «altre interlocuzioni con la presidenza della Repubblica». Risposta: «Sì, ma non sono direttamente attinenti, tranne per una cosa di cui preferisco non parlare perché non voglio coinvolgere persone estranee. Da parte del presidente non ci sono state altre richieste di informazioni; dalla presidenza come istituzione non richieste di chiarimenti, ma notizie che mi sono state date in via informale da persona che non intendo nominare e che comunque è inutile dire perché non hanno rilevanza in questa vicenda».
Davigo riferisce poi dell’interlocuzione con il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, due giorni dopo quella con Ermini. «Gli dissi “Guarda, c’è una situazione assolutamente fuori controllo alla Procura di Milano, vedi di fare qualcosa”. Ebbi la sensazione che avesse già un’idea, perché non manifestò sorpresa. Mi diede una risposta che mi gelò: “Ma, sai, lì c’è anche gente perbene”. Pensai di fare una relazione di servizio, poi non la feci».
La decadenza
A ottobre 2020, Ermini e Salvi
furono decisivi nel voto per la decadenza di Davigo dal Csm. «Fino a
dieci giorni prima del mio compleanno si dava per pacifico che io sarei
rimasto, tanto che durante una cena Ermini disse a tutti: “Oggi
Piercamillo ha fatto il suo capolavoro: ha collocato a riposo il
segretario generale e lui rimane”. Dopo il voto, Ermini era molto
dispiaciuto. Se mi fosse stato ipotizzato che c’era un problema, mi
sarei dimesso. Già non ci volevo andare al Csm, mi veniva il mal di
stomaco alle 11 di mattina per le cose che vedevo». In realtà poi Davigo
ha fatto (e perso) due ricorsi contro la destituzione. «Ho cambiato
idea sulla loro buona fede», spiega al giudice.
Il pirotecnico interrogatorio è condito di aneddoti e frecciate velenose. Su Cosimo Ferri, «che ho visto crescere perché il padre, il ministro dei 110 all’ora, era mio amico e dormì su una brandina a casa mia, prima di interrompere i rapporti perché mi invitò a una cena con il piduista Elia Valori». Sull’avvocato generale di Milano Nunzia Gatto, «incapace di ragionamenti complessi». Sulla Procura di Milano «dove ormai accadono cose fuori dal mondo». Su un altro giudice di Brescia, che ha archiviato «perché ha fatto confusione» la posizione dell’ex procuratore di Milano Francesco Greco.
È solo l’antipasto del processo che comincerà il 20 aprile dopo la sentenza sul coimputato Storari, per cui la Procura ha chiesto una condanna a sei mesi di reclusione.
LA STAMPA
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